16 Novembre 2019 by Emanuele Magri
Joan Fontcuberta, Pausa dell’astronauta nel mar di Teleras, 2018,dalla serie “Gossan: Mars Mission © Joan Fontcuberta
Mondi – New Worlds a Lucca
In che mondi vivremo?
Trenta mostre diffuse in sette sedi nel cuore della città toscana, per uno degli appuntamenti di fotografia più interessanti del panorama europeo. Tra le esposizioni più attese, quella che celebra il 50° anniversario del primo uomo sulla Luna, l’anteprima italiana del progetto Gossan: Mars Mission di Joan Fontcuberta, l’antologica di Romano Cagnoni a un anno dalla sua scomparsa. L’iniziativa, diretta da Enrico Stefanelli, propone un ricco programma con conferenze, workshop, letture portfolio, incontri con i protagonisti della fotografia internazionale.
Ma di che mondi stiamo parlando? Da quelli più terribili del nostro triste pianeta a quelli fuori di esso. Dalla conquista della Luna, ai progetti per sbarcare su Marte.
Passato e presente: dalla caduta del muro di Berlino, la rivoluzione iraniana e la strage di Tienanmen, fino alla Russia di Lenin”. dalle rivoluzioni sociali e politiche del Novecento, in particolare di questi ultimi cinquant’anni, quindi dall’Iran alla Cina, dall’Est Europa a Cuba, fino al problema dei migranti che stiamo vivendo in tutto il mondo
Cominciamo quindi al Palazzo delle Esposizioni della Fondazione Banca del Monte di Lucca, con la collettiva dal titolo 2:56 AM. To the Moon and Back (a cura di Enrico Stefanelli, Chiara Ruberti, Naima Savioli, Alessia Locatelli, Chiara Dall’Olio, Alessandro Romanini e Andrea Pacifici) che celebra il 50° anniversario del primo uomo sulla Luna, attraverso una selezione di immagini dell’archivio NASA e opere di autori quali Antonio Biasiucci, Vincent Fournier, Alberto Giuliani, Jorge Peréz Higuera, Kaja Rata, Edoardo Romagnoli, Penelope Umbrico, Francesco Zizola e altri, oltre a installazioni video e sonore, oggetti e sculture, che restituisce i diversi approcci con i quali la fotografia (contemporanea e storica), le arti visive e plastiche, il cinema, il fumetto e la musica hanno guardato allo Spazio e più in particolare alla Luna.
Ci trasferiamo su Marte allo spazio della Ex-Cavallerizza dove viene presentato al pubblico, per la prima volta in Italia, il progetto di Joan Fontcuberta (Barcellona, Spagna, 1955), Gossan: Mars Mission ambientato a Huelva, la città nel sud-ovest della Spagna che è stata il porto di partenza per le spedizioni verso il Nuovo Mondo, e che oggi spera di prendere parte alla prossima grande avventura dell’umanità: la conquista di Marte. Mentre le agenzie spaziali governative e le società private lavorano per raggiungere quell’obiettivo, la regione mineraria del Riotinto è diventata un prezioso terreno di prova: nel suo paesaggio, così simile a quello del Pianeta Rosso, la fantascienza sembra diventare realtà. Per questa ragione il fondo di investimento cinese Galaxy Enterteinment ha deciso di costruirvi Gossan: Mars Mission, il primo parco dedicato all’esplorazione interplanetaria e le sue attrazioni offriranno un’esperienza ludica e didattica a un pubblico vasto, di tutte le età.
A Palazzo Ducale Abbas | The Iranian Revolution 1979 (a cura di Enrico Stefanelli, in collaborazione con Magnum Photos) racconta la rivoluzione iraniana vista dal fotografo Magnum Abbas (Khash, Iran, 1944 – Parigi, 2018), che ha documentato il Paese nel 1979 durante gli avvenimenti che segnarono la caduta dello scià di Persia, Reza Pahlavi, e la salita al potere dell’Ayatollah Khomeini. Inerzia e forza: una seconda rivoluzione (Inertia, Force and a second Revolution, a cura di Simindokht Dehghani, in collaborazione con AG Galerie di Teheran) rivolge uno sguardo approfondito sulla fotografia contemporanea in Iran. Accanto a quella documentaria, che ha avuto il momento di maggior slancio durante la Rivoluzione del 1979 e gli otto anni di guerra con l’Iraq (1980-1988), si è sviluppato il desiderio di far diventare la fotografia una disciplina universitaria. Tra le voci più autorevoli di questo cambiamento vi è Bahman Jalali (1945-2010).
Sempre a Palazzo Ducale. Un focus sulla Russia con due mostre. La prima è il reportage The April Theses di Davide Monteleone (Potenza, Italia, 1974), a cura di Enrico Stefanelli, che, a poco più di cento anni dalla Rivoluzione di ottobre, costruisce una cronologia delle due settimane della vita di Lenin precedenti a quegli eventi che hanno cambiato la storia della Russia e del mondo intero. Alla ricerca della bozza originale delle Tesi di Aprile, il documento con cui Lenin invitava al rovesciamento del governo provvisorio e definiva le direttive politiche per la costituzione del comando bolscevico, Monteleone ricrea e mette in scena l’epico viaggio di Lenin. L’altra, #Draft presenta il lavoro di Dmitry Markov (Pushkino, Russia, 1982) che documenta la vita quotidiana della città di Pskov. Markov scatta le sue fotografie utilizzando uno smartphone che poi condivide su Instagram. Sono immagini che ritraggono persone emarginate, ai confini della società. Markov costruisce una sorta di autoritratto, cercando se stesso raccontando le vite degli altri. La rassegna è a cura di Nicolas Havette e realizzata in collaborazione con Manuel Rivera-Ortiz Foundation e Vision QuesT Contemporary Gallery.
Si passa poi a Cuba oggi. La mostra di Vincent Delbrouck (Bruxelles, Belgio, 1975), in collaborazione con Huis Marseille (Amsterdam), presenta Champù. The youth of la Vibora, una serie di ritratti di adolescenti appartenenti alla generazione nata in quello che viene chiamato “periodo speciale”, ovvero negli anni immediatamente successivi alla caduta del Muro di Berlino e al collasso dell’Unione Sovietica – alleato economico di Cuba -, che hanno portato a una seria carenza di cibo e di beni di consumo. Delbrouck ha fotografato e filmato questi ragazzi dopo la scuola, vestiti delle uniformi scolastiche obbligatorie, al parco o sulla spiaggia: mentre ridono, parlano, ascoltano musica, fumano, bevono champù (rum diluito), si baciano, mostrando una inesauribile e liberatoria energia in qualsiasi cosa facciano.
E ancora Russia con l’esposizione di Andrej Semenov, vincitore dell’edizione 2019 di SIMULTANEI: volti del contemporaneo – la call for entry ideata e realizzata da FPmag e Rufus Photo Hub in collaborazione con Photolux Festival e BAM Bottega Antonio Manta – che, con il progetto Territory, indaga il rapporto tra il paesaggio naturale e il paesaggio urbano nella megalopoli di Mosca.
Tornando all’Ex Cavallerizza affrontiamo il problema del confine tra realtà e finzione che è al centro del lavoro del fotografo brasiliano Paulo Coqueiro. In Don’t lie to me (a cura di Alejandra Hernández Muñoz), Coquiero segue le vicende di Tito Ferraz, alter ego dell’artista. In un Brasile sommerso dai pettegolezzi, dalle fake-news, da convinzioni senza prove concrete e da una manipolazione dell’opinione pubblica come mai si era vissuta prima, Tito Ferraz è indice dell’era della post-verità, della fragilità della nostra capacità critica e del potere dell’apparenza e della rappresentazione. La notte più lunga è il titolo della mostra (a cura di Renata Ferri) che presenta lo straordinario reportage che Dario Mitidieri (Villa d’Agri, PT, Italia, 1959) ha realizzato nel 1989 durante la rivolta di piazza Tienanmen a Pechino.Tra gli scatti di Mitidieri, emerge quello del bambino che dà una sorta di “benvenuto” ai soldati. La città di Berlino è al centro di due esposizioni che ne ripercorrono la storia recente. Da un lato, Udo Hesse (Troisdorf, Germania, 1955) con One Day Visa for East-Berlin (a cura di Markus Hartmann) presenta il suo reportage realizzato tra il 1981 e il 1983 tra strade della capitale della Germania Est, nel quale documentò la vita quotidiana e alcune occasioni particolari, come le parate del 1° maggio. Hesse viene arrestato il 9 marzo del 1982 dalla Volkspolizei (polizia del popolo) per aver fotografato il muro e la piattaforma panoramica di Schwedterstrasse e tutto il materiale fotografico gli fu sequestrato. Solo dopo aver fatto richiesta ufficiale al Commissariato Federale per gli Archivi della Stasi nel 2007, Hesse ha ricevuto la copia del fascicolo di 40 pagine che lo riguardava e che includeva le copie delle immagini censurate dal 9 marzo 1982. Dei 5 rullini originali che gli erano stati confiscati, gli sono stati restituiti soltanto 7 negativi originali.
Dall’altro lato, Stéphane Duroy (Bizerte, Tunisia, 1948), in collaborazione con Agence VU’, con Berlin 1980-1990, consegna ai visitatori le immagini degli ultimi anni della storia di Berlino, conclusasi il 9 novembre 1989, con la caduta del Muro.
Grande omaggio a Romano Cagnoni (Pietrasanta, Italia, 1935-2018), uno dei grandi fotoreporter italiani, a un anno dalla scomparsa, a Villa Bottini. L’esposizione, La rivelazione umana (a cura di Benedetta Donato e in collaborazione con la Fondazione Romano Cagnoni), propone un corpus di immagini che ripercorre la sua carriera, dal lavoro sul Vietnam del Nord (1965), dove fu l’unico fotografo occidentale a essere ammesso nel territorio, ai pluripremiati reportage in Biafra (1968-1970), dove fu fra i primi corrispondenti a testimoniare il fenomeno dei bambini che morivano di fame, delle masse che perdevano l’individualità, degli oppressi che tentavano di emergere come popolo della resistenza; e ancora dal Cile prima del Golpe per mano di Pinochet (1971), all’Argentina durante il ritorno di Peron (1972), fino alla rivoluzione in Romania (1989) o ad ardite e mai sperimentate produzioni, come l’allestimento di improbabili set nei campi di combattimento, per ritrarre i guerriglieri ceceni o l’utilizzo del banco ottico, per riportare la distruzione del conflitto nei territori della ex Jugoslavia in ogni suo minimo dettaglio.
Behind the Wall è il titolo della mostra di David Appleby (Londra, Gran Bretagna, 1981) che raccoglie le foto di scena e il ‘dietro le quinte’ di The Wall, la riduzione cinematografica del famoso album dei Pink Floyd di cui sentiamo in sottofondo le musiche sempre coinvolgenti.
E ancora nella Chiesa di San Cristoforo, è allestita la mostra dei vincitori del World Press Photo 2019. Quest’anno la giuria ha selezionato come World Press Photo of the Year 2019 (Foto dell’anno 2019) l’immagine del fotografo americano John Moore, Crying girl on the border, che raffigura una bambina di due anni che piange mentre sua madre viene perquisita da un’agente alla frontiera tra Messico e Stati Uniti.
Nella categoria World Press Photo Story of the Year, il vincitore è stato il Pieter Ten Hoopen con The migrant carovan, un lavoro sulla carovana dei migranti diretta negli Stati Uniti. Tra i fotografi italiani, due sono i premiati: Lorenzo Tugnoli con Yemen Crisis (primo posto nella categoria General News, Stories), e Marco Gualazzini con The Lake Chad Crisis, (primo posto nella categoria Environment, Stories).
Mentre la chiesa di Santa Caterina ospita l’installazione digitale che presenta, per la prima volta in Italia, l’intera mostra del Sony World Photography Award 2019. Il premio vede l’Italia protagonista con quattro fotografi che si sono distinti nelle categorie del concorso ‘Professionisti’: Alessandro Grassani nella categoria ‘Sport’ con la serie Boxing Against Violence: The Female Boxers of Goma; Jean-Marc Caimi e Valeria Piccinini nella categoria ‘Scoperta’ con la serie Güle Güle; Massimo Giovannini nella categoria ‘Ritratto’ con Henkō e Nicola Vincenzo Rinaldi nella categoria ‘Open’ con The Hug. È italiano anche il Fotografo dell’Anno, Federico Borrella.
Stéphane Duroy, Heidelberg Strasse, Kreuzberg district, Berlin, Germany, 1984;
© Stéphane Duroy _ VU’