Donne e politica dall’antichità al Settecento.
Roma – 30 Ottobre 2024 by Vittoria Biasi
Con attenzione filologica sulla cultura della disuguaglianza, Alessandro Mulieri, autore di Il pensiero di Pandora. Donne e Politica dall’Antichità al Settecento, attraversa alcuni secoli seguendo la direttrice storico-filosofica di donne di cultura che scrivono libri, difendono il loro spazio ideologico e dibattono con gli intellettuali del tempo sull’uguaglianza di genere, sul diritto allo studio per le donne e sulla loro possibile partecipazione alla vita politica1. Aspasia e Socrate sono figure eccezionali della storia della sintonia spirituale, di cui è partecipe anche Platone. Aspasia di Mileto, considerata da Socrate sua maestra, è compagna di vita di Pericle e autrice, secondo alcune documentazioni, della famosa onoranza funebre pronunciata da Pericle nel 430 per i caduti di Atene nella guerra contro Sparta, come riportato dallo storico Tucidide in La guerra del Peloponneso. Aspasia è bella, intelligente, colta e innamorata di Pericle che, per la bella Ionia, abbandona la prima moglie, madre dei suoi due figli. Con spirito forse ironico o enigmatico, Aristofane nella sua commedia Nuvole presenta Socrate, che sospeso in un cesto pone alle nuvole domande su grandi temi, come la giustizia e le regole dell’etica. La contemporaneità amerebbe la presentazione scenica governata dalla distanza, su cui ha molto meditato la storia dell’arte. Le nuvole, cerniera di congiunzione e separazione tra umano e divino, attraversano la storia dell’uomo come misteriosa presenza in Omero. Il rapporto con le nuvole è il rapporto con il bianco, con il senso di origine cui aspira il percorso della conoscenza e cui aspirano le donne quando chiedono l’uguaglianza di genere. L’inimitabilità e l’inattingibilità di Omero risiedono nel fatto che egli ha trovato la risposta prima che l’incedere dello spirito sui cammini della storia rendesse incalzante ed esplicita la domanda2. Platone in Apologia ribadisce che Socrate, pur essendo per alcuni aspetti teatrale, è un pensatore impegnato con se stesso a raggiungere un oltre, un valore assoluto.
Un ritratto di Aspasia è realizzato da Gertrude Atherton nel 1927 in Matrimonio immortale. L’autrice ricostruisce la storia di Pericle e Aspasia in una sintesi romantica tra storia, arte e proto-femminismo. Nella classificazione che l’antica Grecia riserva alla donna, che può divenire moglie dedita alla procreazione o concubina destinata al piacere dell’uomo o etera, Aspasia occupa il terzo posto, quello di etera, cioè donna colta con cui gli uomini possono conversare con soddisfazione. Mulieri concettualmente riunisce Aspasia, Socrate e Platone sul tema dell’amore. Nel Simposio, Platone racconta che, durante un banchetto, Socrate alla domanda cosa sia l’amore dichiara che l’amore è sempre amore per qualcosa e quindi è sintesi tra due opposizioni. L’amore ha differenti stati e il supremo è caratterizzato costantemente dal desiderio e da una mancanza continua dell’oggetto amato […]. L’amore […] si definisce attraverso il contrasto tra desiderio e privazione. Esso è un demone, un mediatore che unisce il fisico e il metafisico, il sapere filosofico […] e il mondo del divenire eracliteo, che è in costante mutamento e che in realtà si presenta come una manifestazione dell’apparenza3. Socrate, portavoce delle idee di Platone, dichiara di aver appreso la concezione dell’amore da Diotima, sacerdotessa di Mantinea, che è sempre Aspasia. Amore è anche il demone che spinge verso la conoscenza e la filosofia più pura e accompagna il viaggio dell’uomo nella ricerca dell’assente. Di questo senso di assenza sono eredi i secoli successivi. Pseudo-Longino, nel I secolo d.C., scrive che la natura introducendoci nella vita e nell’ordine universale come in una grande festa panegirica […] ha generato nell’animo nostro irriducibile amore per tutto ciò che è estremamente grande e più vicino allo spirito divino in rapporto a noi4.
Aspasia formula un concetto d’amore oltre i paradigmi tradizionali: lei è parte di una triade in cui i pensieri sono anche reciproci echi. Alessandro Mulieri, che sostiene l’importanza delle fonti classiche, intesse mirabilmente le storie dei suoi personaggi, facendo emergere un pensiero cui la contemporaneità fa riferimento. L’assenza dell’oggetto amato spinge l’uomo all’inseguimento della conoscenza, in un cammino senza fine, dove il suo andare non ha una destinazione ma è un destino.
Le convinzioni etico-filosofiche di Socrate e Platone, sostenitori dell’uguaglianza intellettuale di genere, connotano il dibattito socio-politico sulla democrazia. Socrate, seguendo un concetto ideale di città, all’applicazione della forza materiale preferisce l’osservazione del contesto e l’analisi di alcuni meccanismi sociali. Lo studio della struttura sociale include le donne che, se hanno requisiti comuni agli uomini e possiedono quelle virtù importanti per accedere alla carriera politica, possono accedere al governo.
Platone ispira le riflessioni del musulmano Averroè, che riconosce alle donne la possibilità di avere il ruolo di imama nella celebrazione del culto musulmano. Avicenna, al contrario, filosofo, medico, giurista persiano, studiando alcune caratteristiche biologiche, sancisce la differenza tra natura maschile e femminile. Il mondo cristiano fa riferimento ai pensatori musulmani e ebrei del Medioevo e Tommaso d’Aquino, frate domenicano, studioso di Aristotele, da cui prende le distanze sui temi teologici, non ha un pensiero avanzato sulle donne e sull’uguaglianza con l’uomo. La diversità di genere è funzionale al tipo di mondo e società, in cui l’uomo pensa e la donna procrea. Platone e Averroè sono portatori di un pensiero attento a problematiche umane, di integrazione socio-economica. Tra le figure femminili del Medioevo, Mulieri ne privilegia alcune, tra cui Christine de Pizan, donna costretta a confrontarsi con la vita di vedova e madre di tre figli e con difficoltà per delle leggi che vietano alle donne la rappresentanza legale. La morte, prima del padre e poi del giovane marito, la pone nel rapporto con se stessa e con il suo pensiero: provvede alla famiglia con il suo lavoro e si afferma nei contesti sociali elevati. Con raffinata arte letteraria l’autrice espone le sue idee e nel 1405 pubblica La città delle dame, in cui immagina una città ideale composta da donne che difendono i loro diritti, rifiutano di essere interdette allo studio da parte di un pensiero maschile, padrone e guida storica. Nel suo libro, eco di La città di Dio di Sant’Agostino, Christine esprime la fiducia in un tempo futuro per la ricerca delle verità. Questo pensiero è supportato dall’incontro dell’autrice con le tre virtù Ragione, Prudenza e Temperanza. Le figure femminili sono la forza della costruzione ideologica di Christine, come i dipinti monocromi dei Vizi e delle Virtù di Giotto nella Cappella degli Scrovegni sono il sostegno del percorso dell’umanità. La città di Dio, La città delle dame, La città del Sole di Tommaso Campanella sono sfide storiche che aspirano a strutturare concezioni di vita armonizzate. Christine de Pizan studiando le teorie di Aristotele riesce a scardinarne gli elementi misogini dei suoi principi fondamentali. Lei sostiene che uno studioso fautore della pluralità dei mondi e delle possibili corrispondenze tra le leggi della fisica celeste e quella terrestre non può patrocinare delle mancanze nella natura femminile. Ciò sarebbe come riconoscere degli errori nel sistema dell’universo! La radicata disuguaglianza tra le parti sociali risiede nell’uso strumentale e riduttivo del patrimonio femminile e non in una differenza di genere. Nell’ultima opera Ditié de Jeanne D’Arc del 1429, Christine de Pizan celebra la cultura contadina di Giovanna D’Arco che convince Carlo VII, re di Francia, a credere nella vittoria contro gli Inglesi nella guerra dei Cento anni.
Gli scritti di Christine de Pizan, tradotti e pubblicati in varie lingue, ispirano figure importanti del Medioevo e del Rinascimento sulla questione delle donne. La visione di Aristotele che attribuisce al maschile un principio attivo e di conseguenza alla donna l’elemento passivo determina distinzioni tra l’uomo cittadino, che può deliberare e lo schiavo, le donne e i bambini che rimangono esseri difettosi. Il confronto tra Platone e Aristotele è riletto in modo critico da intellettuali come Mario Equicola, Cornelio Agrippa, Moderata Fonte e Lucrezia Marinella. Mario Equicola in Libro de natura de amore celebra alcune donne, tra cui Teano, moglie di Pitagora; Aspasia-Diotima, e la figura leggendaria di papa Giovanni VII, che sarebbe stata una donna. L’indagine sul valore femminile è estesa alle società di Celti, Indiani, Galli in cui le donne hanno un ruolo rilevante.
Cornelio Agrippa estende il suo studio alla Bibbia, con particolare attenzione ai libri Genesi e Esodo. Lo stesso, per sottrarre ab origine la donna dall’inferiorità, sostiene che l’atto di mangiare la mela è compiuto da Adamo e ciò spiega la discesa dell’uomo Cristo sulla terra per redimere l’umanità. Agrippa seguendo il modello di Equicola elenca i numerosi casi di tradimento o vergogna maschile, cui si oppone la virtù femminile. A lui si ispira Martin Luther King quando sostiene che la lotta del suo popolo per il riconoscimento dei diritti civili e politici è uguale a quella del popolo d’Israele nell’Egitto dei Faraoni ed è uguale a quella delle donne per il riconoscimento della loro superiorità.
Nel colto dibattito sul tema delle donne, tra Cinquecento e Seicento, emerge la figura di Modesta dal Pozzo, nota con lo pseudonimo Moderata Fonte, che nel 1600 pubblica Il merito delle donne. Fonte presenta una riunione di nobildonne veneziane con diverso atteggiamento verso il maschile e quindi separate nel gruppo delle accondiscendenti alla forza maschile e le critiche. Queste ultime definiscono tirannico il rapporto tra uomo e donna. A sostegno di questa interpretazione Fonte riprende il tema di Christine de Pizan e ritiene che si debba ribaltare tutto ciò che è nella tradizione dei filosofi e della stessa Bibbia. Autrice di varie opere tra cui La nobiltà ed eccellenza delle donne, Lucrezia Marinelli (1571- 1653) procede ad un riscatto della donna con una puntuale analisi di testi storico-filosofici e sostiene che la prudenza femminile, se approfondita con studi, può raggiungere l’arte di governare. Le argomentazioni si inseriscono in un periodo in cui gli studi in medicina e filosofia naturale indeboliscono l’autorità aristotelica. Il Seicento è un secolo importante per la formazione del pensiero politico moderno: il parlamento inglese comincia ad avere una funzione oppositiva alle prerogative tradizionali della monarchia: viene scritta la prima Carta dei diritti. Thomas Hobbes, John Locke contribuiscono alla formazione di un nuovo pensiero fondato sui temi femminili di Margaret Lucas Cavendish e Mary Astell. Mulieri illustra il periodo con riferimenti ai principi della monarchia, alle divergenze e agli intrighi di corte per motivi religiosi, mentre il parlamento acquisisce una graduale consapevolezza della sua rappresentanza. Una prima fase del cambiamento si conclude con la decapitazione di Carlo I. L’evento è una violazione del diritto divino della monarchia. Il pensiero e l’opera Leviatano di Hobbes si collocano in un clima di forte contrasto ideologico e politico. Il filosofo è autore di concetti che anticipano la democrazia con l’elezione di un sovrano scelto dal popolo e la parità tra uomini e donne. Nel circolo parigino fondato da Cavendish, Hobbes conosce Margaret. Poco dopo Margaret sposa Cavendish di quasi trent’anni più grande di lei e tra i due c’è una forte complicità intellettuale: il marito è un estimatore degli impegni e degli scritti della moglie. Nell’opera Il mondo sfavillante l’autrice racconta la storia di una donna che, portata in un mondo lontano, ne diviene regina e con l’aiuto di una consigliera governa in modo illuminato assicurando pace e stabilità. Mulieri presenta l’utopia femminile, visionaria e colta di questi secoli importanti per il discorso sulle potenzialità della donna, facendo quasi trapelare un’altra energia da quella classica. Sostenitrice della monarchia, quale punto fermo e centrale, Cavendish riconosce al reggente il diritto di regnare, non per meccanismo legale, ma per virtù e buon esempio. Il comportamento tirannico di un monarca è un abuso, uno stupro contro l’autodeterminazione del soggetto. Le osservazioni fanno riflettere sulla capacità della sensibilità femminile di toccare alcuni aspetti dell’anima sociale, la cui violazione è delitto. Il senso del possesso non riguarda solo i beni materiali: coinvolge il mondo immateriale. L’habeas corpus comprende l’habeas animum che la politica dimentica.
Un altro momento importante del dibattito sul tema politico e femminile si svolge tra John Locke e Mary Astell. John Locke è il padre del liberalismo e proviene da un’esperienza lavorativa dedita anche al commercio degli schiavi dall’Africa al nuovo continente e ciò lo rende attaccabile. John Locke e Mary Astell vivono lo stesso contesto storico e si confrontano con un pensiero che comincia a scendere nelle pieghe del sistema. Consentire, negare o tollerare acquistano un altro valore che vuole riconoscere un diritto ai sudditi un pensiero, di conseguenza il contratto sociale diviene il territorio di forte divergenza. Astell attacca l’idea di Locke, secondo cui il potere si fonda su un contratto tra eguali liberamente scelto da individui che vivono nello stato di natura e si accordano nel delegare il potere ad un sovrano. Nella logica interpretativa del contratto sociale Locke non include le donne e per Astell ciò è debolezza etica e politica. Pensatori come Henry Parker, Thomas Hobbes e John Locke sostengono il potere di un parlamento scelto dalla volontà del popolo contro una monarchia assoluta posta lì per volere divino. Margaret Cavendish e Mary Astell continuano a sostenere i diritti della monarchia per volere divino in contraddizione con le teorie sull’uguaglianza di genere.
Il progetto di un allineamento sociale nel secolo dei lumi sfocia nelle tre rivoluzioni: americana (1765-1783), in quella francese (1789-1795) e in quella di Haiti (1791-1804) in cui per la prima volta i neri sconfiggono i bianchi. L’illuminismo, con dominio della ragione, è un secolo di passaggio, in cui il tema dell’uguaglianza di genere comprende il colore della pelle e la schiavitù.
Jean-Jacques Rousseau è la figura centrale del secolo con Olympe de Gauges: entrambi non sono aristocratici né alto-borghesi e il loro pensiero è rivolto al benessere del cittadino. Rousseau, convinto della corruzione sociale, dice che gli esseri umani devono ridare alla società quei principi di emancipazione e libertà propri dello stato di natura. Olympe de Gouges (pseudonimo di Marie Gouze) dopo la morte in giovane età del marito, cuoco, cui è stata data in sposa, si innamora alla fine degli anni sessanta di Jacques Bietriz de Villars, alto funzionario di Luigi XVI. Nel 1770 Marie, che è divenuta Olympe, si trasferisce a Parigi con Bietriz dove comincia la vita intellettualmente impegnata, con pubblicazioni di opere tra cui Riflessioni sugli uomini di colore. Testimone della rivoluzione e dell’assalto alla Bastglia, mette il suo pensiero a disposizione della regina con consigli che possono aiutare il re nelle scelte. Consapevole che il suo suggerimento può apparire un tradimento della rivoluzione propone la formazione di una guardia di donne a difesa di un’altra donna, per sentirsi poi tradita dalla fuga dei reali. Nel documento Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine modellato su Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino Olympe sostiene che la rivoluzione senza l’inclusione delle donne non può aver successo. Lei ha visto la forza delle donne nella marcia per chiedere la riduzione del prezzo del pane. Un suo punto di divergenza con Rousseau è nel riconoscimento dell’importanza dell’educazione, dello studio delle scienze e della vita associata dove la parità di scambio avvicina all’idea di felicità. Gouges è un personaggio affascinante e Mulieri ne tratteggia la complessa sensibilità.
Pregio dell’opera Il pensiero di Pandora è nell’impegno dell’autore di strutturare e contestualizzare il percorso intellettuale dei personaggi femminili, storicizzandoli all’interno della circolazione colta delle idee filosofiche per ricostruire il dibattito/dialogo con testi da cui deriva la composizione statale. La rivendicazione delle donne acquista uno statuto scientifico: le virtù femminili sono un contributo e un valore aggiunto alla vita sociale. Le donne accolte nello studio di Mulieri lavorano sulla consapevolezza identitaria di genere e segnano la storia perché fondatrici di un pensiero filosofico-sociale-religioso che necessita ancora di contributi strutturati. Il percorso esposto dall’autore richiama l’impegno di quelle donne semplici che hanno difeso il proprio pensiero e che con particolari interpretazioni hanno creato tradizioni, fiabe, metalinguaggi, affidandosi alla rete di affetti e conoscenze, segnando la storia popolare. Affidare il proprio pensiero alla scrittura avvia un percorso di comunicazione e immaginazione dell’altro verso un tempo indefinito.
1 Alessandro Mulieri, Il pensiero di Pandora. Donne e politica dall’antichità al Settecento, Carocci, Roma 2024
2 György Lukács, Teoria del romanzo, Newton Compton editori, Roma 1972, pag. 37
3 Alessandro Mulieri, Il pensiero di Pandora. Donne e politica dall’antichità al Settecento, op. cit. pag 29
4 Pseudo-Longino, Del Sublime, Rizzoli, Milano, 1992, XXXV 1, pag. 341