Le geografie territoriali si aprono a nuovi possibilità, riconoscendo nella cultura, nei linguaggi dell’arte contemporanea una modalità per ampliare e qualificare il dinamismo dei luoghi. In tal senso il nuovo millennio si è affacciato con particolari didattiche per catturare l’attenzione del visitatore, curando particolari mise en scene dell’arte. Molti paesi hanno introdotto la Biennale riconoscendo nella formula dell’evento un’importante vetrina per far conoscere il valore, il patrimonio di un territorio nel mondo. La storica città di Alessandria dal 2016 è entrata nel panorama delle città ospitanti gli eventi della biennale. Questa è stata voluta dall’Associazione Libera Mente, fondata da Fabrizio Priano e Francesca Parrilla . La prima edizione, chiamata Anno Zero, ha coinvolto prevalentemente gli artisti della provincia di Alessandria, facendo un lavoro di sensibilizzazione, di preparazione verso ciò che l’evento sarebbe potuto diventare. La biennale del 2018, dal titolo Omnia Caos Colore, ha come curatore lo storico dell’arte Matteo Galbiati, a cui rivolgo alcune domande per conoscere direttamente la storia dell’emergente biennale e il suo lavoro di curatore.
V.B. Forse mi puoi aiutare a comprendere come nasce il progetto di una Biennale ad Alessandria e quali obiettivi vuole raggiungere?
Matteo Galbiati
Il progetto iniziale è stato concepito, nella sua edizione definita “Anno Zero”, dall’Associazione Culturale Libera Mente – Laboratorio di Idee di Alessandria con lo scopo di promuovere non solo una mostra, ma un impegno programmatico che, con cadenza Biennale, portasse in città spunti di riflessione sulla cultura artistica contemporanea. Nel 2015 l’attenzione si era focalizzata, da parte loro, su una proposta variegata ed eterogenea di artisti del territorio e di attenzione e spessore nazionale, ma senza un indirizzo tematico precostituito. Allora fui chiamato a curare una sezione speciale, che poi divenne epicentro dell’esposizione, con quattro giovani artisti (Giovanni Gaggia, Cesare Galluzzo, Vincenzo Marsiglia e Diego Soldà), la cui visione e il cui impegno, per me, assolvono alle istanze di rigore e liricità che cerco nell’arte del presente, specificata, nel loro caso, da un’originale lettura della pittura, della scultura, della performance e dell’arte interattiva.
Per questa edizione, per l’Anno I della Biennale d’Arte di Alessandria OMNIA 2018, ho avuto l’onore di proporre in modo integrale un mio progetto. Ho voluto muovermi, con scelte che accogliessero una prospettiva internazionale, tra artisti di generazioni diverse, tra maestri e talenti che ancora non sono usciti dai banchi dell’Accademia, per avere una visione orizzontale di quel lavoro teso e concentrato sull’espressività del colore. Il progetto nasce da una mia riflessione critica, da mie scelte precise, a volte anche “fuori sistema”, che hanno portato ad accostare opere ed artisti, a scegliere cosa esporre e come farlo dialogare in un contesto assai diversificato di ricerche e poetiche. Vorrei che si leggesse un preciso taglio critico che, tanto nelle opere e negli artisti che ho voluto qui presenti, individuasse una comune e condivisa – benché diversa poi nella manifestazione, nelle storie e nelle esperienze – matrice poetica e lirica. Voglio e cerco di trovare nell’arte di oggi una profondità di senso che sia slegata da ogni ricorrenza modaiola e commerciale. Negli artisti cerco passione, sentimento, poesia, impegno, forza nel toccare le corde sensibili dell’animo. Cerco sguardi oltre l’orizzonte.
L’obiettivo resta sempre quello di coinvolgere il pubblico, di far capire che, a chi spesso sa usare le nuove tecnologie vedendole come unico confine di scambio e interazione, anche l’arte ha una sua voce contemporanea che ha un valore e una capacità di lettura che supera ogni pregiudizio, ogni tempo, ogni “aggiornamento” tecnologico. Chi viene in mostra deve vivere le emozioni suscitate dalle opere, comprendere le loro interrogazioni ed abbandonare i pregiudizi retorici che si hanno sull’arte del nostro presente. Vorrei che la gente potesse osservare con occhi da terzo millennio e non con mentalità visiva ed artistica ancora di stampo ottocentesco, legata ad un’arte che si “capisce”, ma che, in realtà, si vede, ma non si guarda.
V.B. Il titolo della Biennale a tua cura mi coinvolge particolarmente e vorrei chiederti in particolare il concetto teorico che ha ispirato questa tua Biennale. Le parole Omnia, Caos, Colore sono affermazioni vaste, filosofiche. Come si articolano all’interno della tua mostra?
M. G.
Ho scelto come titolo Caos Colore, assumendomi ogni rischio di fraintendimento, perché il mio intento è quello di mettere al centro la materia prima del fare arte: il colore, appunto. Un colore che vive nel suo status di caos, non certamente da intendersi come confusione disorganizzata e disordinata, ma lo penso in riferimento al “brodo primordiale”, alla scaturigine dell’universo quando dal niente si è iniziato, inspiegabilmente, a formare il tutto. Spazio, tempo, luce e materia sono le chiavi che attraversano la visionaria attitudine dei 37 artisti che, nella magica suggestione delle loro opere, aprono spazi di profondità analitica che toccano alti vertici di poesia e lirismo. Nelle diverse espressività, senza necessarie e obbligate connessioni o interventi ad hoc, volevo mettere in evidenza prassi linguistiche specifiche che, dal colore, hanno desunto la loro forza dichiarativa. L’occhio del pubblico deve ormai calibrarsi e cercare quell’altrove di cui queste opere sono solo una prima, importante, soglia da valicare con il coraggio della scoperta. La mostra articola queste diverse esperienze in un percorso costituito da piccoli rimandi e connessioni, giusto per seguire un filo rosso ideale, una proiezione tra un’opera e l’altra salvaguardandone sempre la preziosa autonomia.
V.B. Come è strutturata la tua Biennale? E qual è stato il coinvolgimento della città?
M. G.
La Biennale si predispone a Palazzo Monferrato, location concessa dalla Camera di Commercio: le sette sale accolgono le altrettanti sezioni in cui si struttura la mostra. Il percorso espositivo si concatena, sala dopo sala, in un regime di corrispondenze e singolarità che lo vedono inteso nella coerenza e nel rispetto delle ricerche che gli artisti stanno, da anni, portando avanti. Ogni sala ha l’auspicio di concedere il tempo (e lo spazio) per osservare le opere nel loro pronunciamento determinante. Poi, come dicevo, la città ha risposto con calore ed attenzione, con interesse e desiderio sincero di scoperta. Ormai da qualche anno sto seguendo una serie di progetti che, grazie all’Associazione Culturale Libera Mente – Laboratorio di Idee, del suo presidente Fabrizio Priano, e l’appoggio e il sostegno insostituibili della preziosissima Francesca Parrilla, coordinatrice organizzativa della stessa Associazione, mi permettono di offrire spunti di analisi sull’arte del nostro presente con mostre a tema, personali e collettive che uniscono maestri storici e giovani proposte. Qui ho sempre avuto grande appoggio e sostegno, soprattutto dalla Camera di Commercio che, nella bellissima sede di Palazzo Monferrato, ha ospitato progetti che, in altri luoghi, per poco coraggio o per ottuse logiche di sistema, sarebbe stato difficile, se non impossibile, proporre. Posso dire che si stia seguendo un certo percorso, un certo lavoro di attenzione culturale che spero possa essere seguito anche in futuro, in altri e nuovi progetti. Io sono pronto, spero la collaborazione possa proseguire, dando seguito ad una progettualità che è bene non interrompere.
V.B. L’associazione Libera Mente quale lavoro ha svolto sul territorio per renderlo sensibile ad accogliere una Biennale?
M. G.
L’Associazione Culturale Libera Mente – Laboratorio di Idee, mi ripeto, è un appoggio determinante e insostituibile, senza il loro lavoro sul campo, nulla sarebbe possibile. Loro hanno il polso della situazione sulla città: promuovono cultura a trecentosessanta gradi, quindi, non solo di arte e questo è decisivo. In altri luoghi, spesso, gli impegni espositivi si esauriscono, a caldo, con il clamore dell’inaugurazione, ma una mostra vive fino all’ultimo giorno di apertura. Se moltissime persone presenti il giorno di apertura fanno piacere (anche noi abbiamo avuto una vera e propria folla), ritengo fondamentali le decine di persone che la visitano dopo, sul passaparola, leggendo gli articoli, coinvolti da amici, semplicemente perché vogliono vederla con calma, perché le scuole decidono di portare i propri studenti. Questi sono gli auspici migliori per una mostra: lasciare appagati gli occhi, certo, ma che continuare a suggestionare il pensiero nella testa ed appassionare il cuore e l’anima con le emozioni riscoperte.
Natura
2010
acrilico su tela a grattage
cm 100 x 120
©Barbara Grossato
Natura
2009
corde nautiche di vario diametro ricoperte di nastro creato in teca di plexiglass
cm 50 x 38 x 15
©Barbara Grossato
Essenza dell’essenziale
1996
collages carte bruciate su tela
cm 80 x 80
©Osvaldo Spagnulo
Sguardi d’attesa
2014
ferro verniciato, plexiglas trattato e colorato
cm 200 x 70 x 40 ca.
(Installazione con più pezzi misure variabili)
©Valdi Spagnulo