Manifesta 12
Ripensando a Manifesta 12:
un percorso di eroi
E’ trascorso più di un mese dall’inaugurazione di Manifesta 12 e la mente ritorna ancora ad analizzare, coordinare gli eventi diffusi nella città. La prepotente luce che sfida gli intagli delle facciate e la dimensione surreale della città lasciano spazio a contesti di sventure sparsi tra sguardi rivolti verso altri mondi, fierezze felici, angoli di storie quotidiane, crocevia di culture, eleganti edifici che continuano ad attraversare il tempo raccontando la vita.
Manifesta 12 non è una biennale adagiata su una struttura urbana e non mostra raffinate ricerche o speculazioni fini a se stesse. Manifesta 12 sembra nascere dalle viscere della città, dai suoi problemi con cui pulsa e respira per mostrare la vera natura dell’uomo, di un tempo, della storia.
L’assessore alla cultura di Palermo Andrea Cusumano è prima di tutto un artista performer, allenato durante le lezioni nella Sommerakademie di Salisburgo a farsi attraversare dai linguaggi e dalla musica forte di Hermann Nitsch, di cui è stato allievo e anche collaboratore per la realizzazione di un’opera teatrale.
La formazione internazionale dell’assessore e la visione antropologica e indipendente della direttrice Hedwig Fijen, fondatrice di Manifesta, hanno conferito alla manifestazione un eroismo espositivo. La collaborazione della città, degli artisti, delle associazioni è stata determinante.
Lo studio per Palermo Atlas è stato svolto da Office for Metropolitan Architecture-OMA, studio di architettura di Rotterdam, su incarico di Hedwig Fijen, che era a Palermo dal 2012 per analizzare la città in funzione della biennale.
I progetti accolti sono episodi emblematici incastonati in un regno di simboli lasciati da pellegrini del mondo a testimonianza del legame con l’isola.
Il titolo di Manifesta Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza, con riferimento alla poetica della diversità di Gilles Clément, nasce dallo studio urbano di OMA in collaborazione con l’architetto Ippolito Pestellini Laparelli. La regione e la città di Palermo collocano Manifesta in un processo di lavoro che prolunga i suoi effetti nel tempo. L’arte, la cultura non veicolano solo denaro, commercio, turismo, ma divengono semi che continuano a crescere. Il progetto Zen di Gilles Clément in collaborazione con l’associazione Coloco ha dato vita ad un giardino planetario in un quartiere periferico di Palermo coinvolgendo piccoli, giovani e adulti nella cura di uno spazio pubblico sottratto al degrado e all’abbandono.
Nella prospettiva dell’uomo che riprende le redini della propria vita o avventura è la mostra dedicata a Martin Kippenberger. L’artista, ribellandosi al sistema dell’arte, aveva detto che se una sua mostra non fosse stat accettata in un museo, lui avrebbe creato un suo museo in un luogo molto lontano, nella periferia del mondo dell’arte. Lì avrebbe invitato amici e colleghi con una cartolina d’invito che rimaneva a prova concreta del suo museo il MOMAS, MUSEUM OF MODERN ART SYROS, vicino al mare, nell’isola greca, dove una trada solitaria con un cartello indica il luogo mussale costituito da un muro fatiscente che diviene il luogo di raduno di artisti.
Manifesta 12 non è una biennale adagiata su una struttura urbana e non mostra raffinate ricerche o speculazioni fini a se stesse. Manifesta 12 sembra nascere dalle viscere della città, dai suoi problemi con cui pulsa e respira per mostrare la vera natura dell’uomo, di un tempo, della storia.
L’assessore alla cultura di Palermo Andrea Cusumano è prima di tutto un artista performer, allenato durante le lezioni nella Sommerakademie di Salisburgo a farsi attraversare dai linguaggi e dalla musica forte di Hermann Nitsch, di cui è stato allievo e anche collaboratore per la realizzazione di un’opera teatrale.
La formazione internazionale dell’assessore e la visione antropologica e indipendente della direttrice Hedwig Fijen, fondatrice di Manifesta, hanno conferito alla manifestazione un eroismo espositivo. La collaborazione della città, degli artisti, delle associazioni è stata determinante.
Lo studio per Palermo Atlas è stato svolto da Office for Metropolitan Architecture-OMA, studio di architettura di Rotterdam, su incarico di Hedwig Fijen, che era a Palermo dal 2012 per analizzare la città in funzione della biennale.
I progetti accolti sono episodi emblematici incastonati in un regno di simboli lasciati da pellegrini del mondo a testimonianza del legame con l’isola.
Il titolo di Manifesta Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza, con riferimento alla poetica della diversità di Gilles Clément, nasce dallo studio urbano di OMA in collaborazione con l’architetto Ippolito Pestellini Laparelli. La regione e la città di Palermo collocano Manifesta in un processo di lavoro che prolunga i suoi effetti nel tempo. L’arte, la cultura non veicolano solo denaro, commercio, turismo, ma divengono semi che continuano a crescere. Il progetto Zen di Gilles Clément in collaborazione con l’associazione Coloco ha dato vita ad un giardino planetario in un quartiere periferico di Palermo coinvolgendo piccoli, giovani e adulti nella cura di uno spazio pubblico sottratto al degrado e all’abbandono.
Nella prospettiva dell’uomo che riprende le redini della propria vita o avventura è la mostra dedicata a Martin Kippenberger. L’artista, ribellandosi al sistema dell’arte, aveva detto che se una sua mostra non fosse stat accettata in un museo, lui avrebbe creato un suo museo in un luogo molto lontano, nella periferia del mondo dell’arte. Lì avrebbe invitato amici e colleghi con una cartolina d’invito che rimaneva a prova concreta del suo museo il MOMAS, MUSEUM OF MODERN ART SYROS, vicino al mare, nell’isola greca, dove una trada solitaria con un cartello indica il luogo mussale costituito da un muro fatiscente che diviene il luogo di raduno di artisti.
Martin Kippenberger invita da Lukas Baumewerd, Cosima von Bonin, Hubert Kiecol, a Stephen Prina e Christopher Williams, a Johannes Wohnseifer; riflette sulle difficili relazioni che si instaurano tra produzione artistica e istituzioni. La nascita del MOMAS è una dichiarazione di indipendenza dalle logiche di sistema. L’energia di alcuni luoghi del mondo consente la presa di possesso delle proprie autenticità, della fede in qualcosa che è oltre le barriere strutturali.La storia di Martin Kippenberger è vicina a quella dell’artista greco Dimitri Alithinos, che negli anni ’80 affermava l’appartenenza della sua arte alla terra e, sovvertendo alcune regole, sottraendosi anche al mercato, “archeologizzava” le opere celandole sotto terra accanto ai segni lasciati dal tempo. Invitato alla Biennale di Venezia nel 1997, Alithinos presentò Opera Celata, che emergeva dallo scavo effettuato nel padiglione. Alla fine della biennale, questa è rimasta alla terra.
Alcuni artisti affermano una predominanza costituita da gesti rivolti verso un unico e costante obiettivo e l’imprendibilità del loro progetto deriva dal pensiero che li guida e in cui si svolgono le vere avventure.
L’esposizione di Martin Kippenberger, ospitata dal palazzo Sant’Elia, è stata organizzata dall’istituto Svizzero in collaborazione con il MAMCO di Ginevra seguendo le impostazioni date dallo stesso Martin Kippenberger per la mostra a sua cura presso il MAMCO nel 1997, anno della sua morte.
In mostra sono presenti foto segnaletiche, di gruppo, documenti del MOMAS a introduzione delle opere di Martin Kippenberger, accanto a quelle degli artisti con cui aveva condiviso il progetto, secondo un’idea di continuum speculare, come Hubert Kiecol/Lucas Baumewed, Christpher Wool, Herbert Fuchs ed Elphie Semotan le cui foto tracciano un percorso altro del MOMAS e delle sue relazioni con il territorio.
Alcuni artisti affermano una predominanza costituita da gesti rivolti verso un unico e costante obiettivo e l’imprendibilità del loro progetto deriva dal pensiero che li guida e in cui si svolgono le vere avventure.
L’esposizione di Martin Kippenberger, ospitata dal palazzo Sant’Elia, è stata organizzata dall’istituto Svizzero in collaborazione con il MAMCO di Ginevra seguendo le impostazioni date dallo stesso Martin Kippenberger per la mostra a sua cura presso il MAMCO nel 1997, anno della sua morte.
In mostra sono presenti foto segnaletiche, di gruppo, documenti del MOMAS a introduzione delle opere di Martin Kippenberger, accanto a quelle degli artisti con cui aveva condiviso il progetto, secondo un’idea di continuum speculare, come Hubert Kiecol/Lucas Baumewed, Christpher Wool, Herbert Fuchs ed Elphie Semotan le cui foto tracciano un percorso altro del MOMAS e delle sue relazioni con il territorio.
Un altro esempio i libertà del pensiero è nella creazione delle leggende. Esse nascono sempre da necessità psichiche, oggettive, dal pensiero di un’ immagine fisica o sociale lontana, da una meta irraggiungibile che potrebbe però divenire accessibile con il sacrificio estremo, sul filo tra vita e morte, tra sacro e magia. Patricia Kaersenhout nella sala prospiciente il mare, nel Palazzo Forcella De Seta, presenta plasticamente la leggenda degli “Africani Volanti”: schiavi che evitavano di mangiare il sale o per diventare più leggeri e poter tornare nelle loro terre. Il valore plastico del sale è esaltato nell’immagine di una montagna bianca che ricorda il rito compiuto dalla stessa artista quando si è recata a Goréé in Senegal spargendo sale benedetto presso la Door no return museo e memoriale della tratta atlantica degli schiavi africani per dare pace agli spiriti dei defunti nel dolore. Il bianco brillante della scultura si impone nello spazio, suscita una suggestione quasi alchemica, per la collocazione dell’opera e per la luce di Palermo.
Il bianco, origine di ogni storia e cultura al fine del viaggio è il luogo, il segno per trovare pace.
Manifesta è una biennale che parla alla vita, alla terra, alla storia dell’umanità senza retorica, mentre la città di Palermo continua mostrare quanta fatica ha attraversato l’intelletto per conquistare le sue glorie, le sue bellezze.