La partecipazione dei palazzi palermitani, che ospitano alcuni eventi di Manifesta 12, arricchisce la suggestione della città e il concetto di Giardino Planetario. La biennale d’arte nomade… con cui la super biennale si presentata al mondo.
La manifestazione propone progetti legati alle narrazioni della vita e dell’arte come riflessione sulle reali e quotidiane problematiche del momento storico. L’idea progettuale della manifestazione si può collegare alle conferenze tenute nella biennale del 2016, nella città coreana di Busan, focalizzata sul tema dell’ibridazione della terra e delle società.
Nel ricco panorama di Manifesta 12, Palazzo Riso Belmonte è un’area protetta in cui è preservata la storia delle relazioni artistiche, contemporanee, con il territorio siciliano. Pensieri esistenziali, esposti come lapidi di un percorso, introducono la complessa poetica di Gino De Dominicis. La direttrice del Polo Museale Regionale Arte Moderna e Contemporanea, Valeria Patrizia Li Vigni, ha realizzato una collezione permanente costituita da opere di artisti di origine siciliana e di varie nazionalità che hanno interagito con il territorio con mostre o studi. Il museo impagina la particolare storia dell’arte impostata secondo una regola precisa, che trasforma l’elemento regionale in evento internazionale. Le mostre di Palazzo Belmonte Riso evidenziano la centralità dell’isola che si propaga fino ad inglobare concettualmente tutto il mondo dell’arte, dagli “Alter Ego” e dall’eroe sumero Gilgamesh di De Dominicis all’opera site specfic “Senza Titolo”, 1993 – 2008 di Jannis Kounellis nel salone del piano ufficialmente intitolato al maestro. La collezione si apre con il gruppo di artisti siciliani, Antonio Sanfilippo, Pietro Consagra e Carla Accardi, unica donna del movimento “Forma 1”. Tra le opere degli artisti stranieri vi sono A Sicilian Walk di Richard Long che racconta del viaggio a piedi compiuto dall’artista, nel 1997, da Palermo ad Agrigento e Circle of life, esposta ai Cantieri Culturali della Zisa nel 1997, in una mostra curata da Mario Codognato e Paolo Falcone, acquistata dal Museo e riproposta in una seconda versione dall’artista, nel 2008, presso la Fondazione Orestiadi di Gibellina. Visitare la collezione è come leggere un diario scritto a più mani attorno all’ amore per l’arte, per la terra di Sicilia e per i suoi valori: è immersione in un senso poetico dell’umanità, vissuta sopra le righe di un mondo che, come da sempre, non si sa dove andrà. La collezione scorre su un valore storico eterna e immutabile, che è la casa in cui a sera si torna per ricongiungersi con il proprio sé.
Tra le opere degli artisti collezionati dal museo vi sono I cassetti di mare (1988)di Michele Cossyro. L’artista, noto negli ambienti romani per le collaborazioni con Filiberto Menna e con la galleria Banchi Nuovi, per la direzione del centro La Salerniana di Erice e per la partecipazione alle Orestiadi, ha un percorso, che oggi leggiamo filologicamente, iniziando dai raffinati mosaici e dalle sculture realizzate con le nasse, che poeticamente vorrebbero trattenere per un attimo il mare e raggiungere il cielo.
L’incontro con Michele Cossyro è un’occasione per parlare di lManifesta e del museo Riso dalla parte dell’artista.
Vittoria Biasi: “Avrai certamente seguito la storia di Palazzo Belmonte Riso! Negli anni in cui sorgeva il polo museale quale momento della tua attività creativa attraversavi?”
Michele Cossyro: “Il Polo Museale Regionale di Arte Moderna e Contemporanea : Palazzo Riso – Belmonte di Palermo, è ormai da tempo un prestigioso punto di riferimento per la cultura visiva della Sicilia e non solo. Patrizia Valeria Li Vigni attuale Direttrice in breve tempo è riuscita a organizzare eventi, mostre e incontri di rilevanza Nazionale e Internazionale.
La nascita del Polo Museale di Palazzo Riso ha focalizzato l’attenzione sulle nuove e significative emergenze culturali sia storiche che contemporanee. Il Museo possiede un nucleo di opere di grande valore artistico.
L’invito della D.ssa Li Vigni a esporre a Palazzo Riso mi ha entusiasmato, perché mi ha dato finalmente l’opportunità di far conoscere meglio il mio lavoro. Questa è stata l’occasione per organizzare la mia prima antologica a partire dagli anni “70.
La mostra dal titolo Universi, curata da Bruno Corà, presentava un ampio percorso del mio lavoro a partire dai primi anni “70 e analizzava criticamente lo sviluppo della mia ricerca sino al 2014. La mostra era dislocata in spazi diversi: le opere erano esposte a Palazzo Riso e nei saloni dello’Albergo delle Povere. L’esposizione è durata quattro mesi ed ha avuto grande successo.
Nella mostra erano esposti gioielli, sculture in bronzo, opere ambientali come Spazio vero e spazio artefatto, Carene, Aste, quadri tra cui Narciso, Fisarmoniche, Nasse diverse installazioni e disseminazioni per concludersi con una stanza totalmente oscurata dove erano esposti Buchi neri e Materia oscura.”
V.B.: “Quando sei entrato nella collezione del museo? In che dialogo ti sei sentito con gli artisti collezionati dal polo museale?”
M.C.: “Recentemente ho avuto la bellissima sorpresa di vedere esposte le mie tre opere che avevo donato al Museo Regionale nel 2014 ed è stato emozionante trovarmi in compagnia di maestri, tra i quali alcuni cari amici come: Carla Accardi, Piero Consagra, Jannis Kounellis, Turi Simeti, Pupino Samonà, Klaus Munch, solo per citarne alcuni.”
V.B.: “La tua esperienza di La Salerniana Erice ti poneva nel duplice ruolo di direttore artistico e artista, funzione insolita nel panorama culturale italiano e frequente nella storia degli altri paesi. Ciò ti ha offerto la possibilità di vivere e analizzare l’arte con una visione più ampia?”
M.C.: “Questa esperienza “si pone” tuttora in quanto sono, sin dal 1979, direttore artistico di La Salerniana di Erice.
La Collezione della Salerniana, oggi Galleria di Arte Moderna e Contemporanea Giuseppe Perricone sita a Trapani in Via S. Francesco d’Assisi, è stata da me voluta e creata. Le opere oggi esposte in permanenza al Museo sono donazioni di artisti generosi che vengono da me contattati e invitati per l’accettazione. Non esiste nessuna commissione critica, delle scelte mi assumo la totale responsabilità.
Cerco di essere obiettivo e severo come d’altronde lo sono con me stesso, non ho mai fatto alcuno omaggio al mio lavoro d’artista, non perché non pensassi di meritarlo ma per evitare di essere accusato di lavorare pro domo mea.
Per me è stata ed è un’esperienza bellissima; con un ottimo rapporto con la “critica” sia nazionale che estera.
Nella Salerniana si sono sempre organizzate rassegne e mostre personali a carattere antologico, affidate ai critici più prestigiosi come, solo per fare qualche nome, Palma Bucarelli, Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi, Filiberto Menna, Achille Bonito Oliva, Luciano Caramel , Rudy Fuchs , Enrico Crispolti. Ecc.
Tra le mostre più significative basterebbe ricordare la prima antologica di Carla Accardi, le mostre di Piero Consagra, Antonio Sanfilippo, Turi Simeti.
E poi le rassegne: la prima mostra di Arte allo specchio. Narciso Art curata da Giorgio Di Genova, la prima mostra sull’ Astrazione Povera teorizzata da Filiberto Menna, il lancio della Transavanguardia fredda di Achille Bonito Oliva, e poi i Nutrimenti dell’arte attuata in collaborazione con le Orestiadi di Gibellina e Arte e Scienza con Giulio Carlo Argan.”
V.B.: “La tua creatività è in continua tensione, rivolta a cogliere ciò che il segno cela nell’ oltre di se stesso.L’apertura e l’astrazione geometrica dell’opera Cassetti di mare sono una centralità da cui si libera il rapporto dinamico con il mondo attraverso le opere tridimensionali di destrutturazione e ritrattazione del senso. Queste opere segnano anche il passaggio dalla dimensione personale della visione artistica verso una sfera sovrumana, astrale. Che rapporto c’è tra le tue nasse e le opere sui buchi neri?”
M.C.: “Il mio lavoro da sempre si sviluppa in processi evocativi, metaforici, emozionali che entrano nel linguaggio artistico in divenire: Filiberto Menna la chiamò Astrazione Fenomenica.
Il mio percorso artistico va dagli abissi marini agli abissi siderali.
I cassetti del mare, opera degli anni “80, è un’ opera ecologica, di protezione e custodia del mare. Il mio intendimento era di fare un lavoro che fosse contemporaneamente: pittura, scultura, ambiente per fondere i linguaggi e scoprire un nuovo rapporto con la parete.
Quest’opera è stata esposta per la prima volta alla Galleria dei Banchi Nuovi di Roma nel 1989 – assieme alla Derivazione Stellare ( 1989) oggi anch’essa. presente al museo e che si può considerare l’antesignana dei Buchi neri.
Tutto il mio lavoro, a partire dall’Alga mater, agli Spazi veri e artefatti, alle Aste, alle Carene, agli angoli Narciso degli anni ’70 per poi negli anni “80 moltiplicare gli angoli con le Fisarmoniche e i Mondi paralleli. Per proseguire negli anni “ 90 con le Nasse e quindi con i Buchi Neri, una conseguenza logica ed evolutiva delle origini della vita.
Le Nasse sono il proseguo dello svuotamento delle Derivazioni stellari. Ancor prima avevo fatto dei quadri neri che chiamavo Oscure Trasparenze: erano gli anni delle radiazioni di Chernobil. Attraverso questa esperienza ho analizzato il segno, la traccia e ho ottenuto delle tessiture che preannunciavano le nasse.
Le Nasse nella mia ricerca hanno una valenza metaforica, sono i primi di Internet che in Italia arriverà nel 1995.
Ho scelto le Nasse per la vibrazione della superficie, per i vuoti e i pieni; perché sono uno strumento di cattura e tortura; appena il pesce, l’aragosta, il polipo entrano in esse si illudono di essere vivi ma ormai sono intrappolati e quindi finiti.
Anche l’essere umano, caduto nella rete della globalizzazione, è privato per sempre della libertà.
In questo lavoro lo schermo vibrante del supporto mette in discussione la superficie pittorica: lo spazio è totalmente aperto e l’opera diventa tutt’uno con l’ambiente integrandosi con la parete.
Dalle Nasse ai Buchi Neri il passaggio è consequenziale: anche questi hanno un significato metaforico legato al periodo storico che stiamo vivendo.
Difatti i miei primi Buchi Neri sono datati 1990 e sono ottenuti dalle
calotte delle Nasse con tela e legno dipinto ad olio.
Successivamente il lavoro dei Buchi Neri prosegue, e utilizzo tecniche diverse come la scultura, il segno sul muro, il mosaico, il fumo, l’elettricità.
Il mio lavoro continua sui Buchi Neri mi ha aperto la strada ad occuparmi delle Stringhe, della Materia oscura, delle Pieghe cosmiche. Utilizzo nuovi materiali e anche la ceramica.”
V.B.: “Quali sono le tue riflessioni su Manifesta in rapporto a Palermo?”
M.C.: “Manifesta 12 per Palermo indubbiamente è stata salutare. La città, come sempre bellissima, fa bella mostra di sé.
Peccato che si è dato molto spazio all’effimero e che di questa grande manifestazione internazionale rimarrà ben poco, di tutti gli eventi artistici rimarrà sicuramente un buon ricordo ma non mi sembra che la città si arricchirà di opere stabili e permanenti.
Forse sarebbe stato meglio concentrarsi su alcuni progetti , invece alcuni interventi sono dispersivi; si è preferito accontentare tanti che hanno proposto interventi e cose mediocri. Si è sprecata tanta energia culturale.
Tra i vari interventi spiccano i Masbedo, due artisti italiani Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni che hanno trasformato un vecchio furgone in Videomobile per raccontare la città di Palermo con i mezzi del cinema.
Il furgone è parcheggiato a Palazzo Costantino e si sposterà all’Archivio di Stato. Sono interessanti anche i video di Yuri Acarani. Bellissima la performance “Procession” di Marinella Senatore opera corale che ha coinvolto tutta la cittadinanza compreso i bambini, i turisti e la banda musicale. Molto coinvolgenti le processionali scritte in dialetto.
Ci sono manifestazioni artistiche dovunque, nei Palazzi aperti, nei Musei e nell’Orto botanico dove è esposto un quadro rappresentante una Veduta di Palermo di Francesco Lo Jacono. Ho trovato interessante gli interventi di Leone Contini che indaga sul mondo rurale e del colombiano Alberto Baraya che si interessa delle tradizioni religiose, popolari. A Palazzo Forcella De Seta ci sono degli interventi dell’algerino Kader Attia, del collettivo inglese Forencisic Oceanography e di Patricia Kaersenhout olandese: sviluppano un lavoro più impegnato, politico e sociale. Tra gli eventi collaterali vanno ricordati Il Museo Riso con la Collezione permanente, e l’istallazione dell’artista Gianfranco Maggiato a Piazza Bologna che in un percorso a spirale costruito con sacchi che portano i nomi di tutte le vittime di mafia ci conduce all’albero della vita.
A Palazzo Mazzarino l’opera di Per Barclay con una vasca di olio di motore riflette il colonnato e crea un suggestivo effetto scenografico. Ho citato gli eventi per me più significativi non è possibile nominarli tutti, comunque Manifesta 12 presenta una Palermo viva, suggestiva e di respiro internazionale.”
Le opere dell’artista Michele Cossyro, nate dall’osservazione della scrittura dell’acqua, sfidano gli abissi marini e i segreti del cielo. Con l’installazione La grande pioggia, 1983, esposta al Museo Riso, l’artista ha avviato un procedimento di profonda analisi che lo ha portato alla frantumazione/disseminazione dell’opera in una tensione plastica tra pittore e scultora, con segni che dipingono, sussurrano il mare e l’incisività della rappresentazione. Le 115 tele su legno a forma di goccia d’acqua di diverse dimensioni sono state disposte sulla parete e si riflettono nel solco di specchio, ondulato, posto ai piedi del muro. Le gocce sono pensieri/opera e raccontano la storia dell’essere monadi, mondi chiusi in sé, uguali nella diversità ma regolati da comuni leggi. La ricerca di Michele Cossyro indaga attorno alle particelle primarie che alimentano dinamismi liquidi e aerei. Le opere sono traduzione di un percorso tra il pensiero e i suoi interrogativi, tra arte e scienza. In tale indagine percettiva si inserisce la scultura Buchi Neri, esposta al MAXXI, in occasione del secondo Media Art Festival 2016 con la direzione artistica di Valentino Catricalà. La scultura è un manto di pietra lavica asportata dal pendio dell’Etna e modellata conicamente. Le tessere interne in vetro scuro sembrano minerali raffreddati e incastonati seguendo il metodo della natura, dove tutto germina secondo le divine proporzioni di un ritmo sconosciuto.
Derivazione stellare numero 2, 1989 Michele Cossyro