Appunti per un esercizio di Storia dell’Arte.
Roma – 29 Ottobre 2024 by Pasquale Polidori
1.
All’origine di questo lavoro c’è stato l’invito da parte di Stefano Raimondi a partecipare a uno degli incontri dell’ottava edizione di Parole Urbane – quello del 13 marzo 2024 – che egli cura insieme a Valeria Manzi presso la Casa Fornasetti a Milano. Parole Urbane è una rassegna che ospita riflessioni sulle condizioni e le situazioni della vita cittadina, e i contributi consistono maggiormente in letture di testi poetici e letterari, oppure testimonianze di altra natura che danno voce a fatti che riguardano l’architettura, la storia e la società, non solo milanese.
Io decisi di comporre un omaggio a Luciano Inga-Pin attraverso la scrittura e lettura di un testo (testo A + testo B + testo C) dedicato all’attività e allo spazio della sua galleria, in particolare al pavimento, essendo che il pavimento è per le azioni di body-art quello che la parete è per i dipinti: piano di accadimento del significato.
La mia intenzione era di raccontare una delle serate più celebri della galleria Diagramma, quella del 9 novembre 1973, quando vi ebbe luogo l’Azione Sentimentale di Gina Pane. L’opera è determinante per la definizione stessa di body-art. Dai contenuti netti e misteriosi, e l’uso del sangue che frange ogni semantica concettuale in materia sensibile – sconvolgente arresto del moto costruttivo psicanalitico per azione della muta puntualità del corpo; appuntamento d’amore con quel che, nel corpo e del corpo, riassume e azzera la psiche – Azione Sentimentale risponde al desiderio di suscitare partecipazione in chi vi assiste, attraverso la presenza e il compimento di un rispecchiamento nella materia intima del sangue. Si j’ouvre mon «corps» afin que vous poussiez y regarder votre sang, c’est pour l’amour de vous: l’autre.
Pensavo che effettuando una ricerca sui quotidiani milanesi dei giorni seguenti a quel venerdì, avrei senz’altro trovato dei racconti o commenti a come si era svolta l’opera, e progettavo di offrirli in lettura come mio contributo a Parole Urbane.
Conosciamo Azione Sentimentale sotto forma di partitura sia testuale – il testo/bozzetto scritto da Pane che annuncia l’azione e ne indica il significato – e sia fotografica – le foto scattate in un set appositamente costruito e agito per l’opera fotografica: immagini progettate come icono/azione narrata, composte in un discorso fatto di evidenze immobili, e non quindi documento dell’azione avvenuta in galleria. Conosciamo cioè Azione Sentimentale come opera strutturata e dotata di una punteggiatura estremamente rigorosa, attenta alla pausa dell’espressione e assolutamente priva di contesto naturale. Non abbiamo nessuna testimonianza però di Azione Sentimentale come essa avvenne nelle situazioni in cui fu presentata. Nessuna foto del pubblico, né ombre o altre eventualità derivate dalla situazione concreta, sulle pareti o sul pavimento della stanza, nel momento in cui quest’opera accadde. Di Azione Sentimentale si può dire che è un’opera accaduta senza documentazione eppure in assoluta evidenza e continua presenza al nostro sguardo. Nelle immagini che la costituiscono, non vi è alcuna distanza o filtro tra noi e l’azione. Non vi sono altre presenze che l’azione stessa.
Azione Sentimentale fa entrare in collisione la natura della situazione e la realtà della situazione: della natura non c’è traccia; la realtà invece, in quanto dominio del significato dell’azione – regno delle possibilità di dire attraverso l’azione del corpo – continua ad espandersi. La natura non esiste. La realtà è totale.
Nel caso di Azione Sentimentale, un lavoro di ricerca che tenda alla ricostruzione del contesto concreto – indirizzo, porta che si apre, scale del palazzo, situazione all’interno della galleria, pomeriggio, sera, pubblico, facce, vestiti, corpi, persone che parlano, respiri, rumori, silenzio, l’arrivo dell’opera, … – può essere del tutto superfluo, o forse contrario alla realtà dell’opera, e pertanto dannoso. In un certo senso, Azione Sentimentale può arrivare ad affermare la vanità della Storia dell’Arte.
Alla biblioteca Sormani consultai i quotidiani della settimana del 9 novembre e di quella successiva, senza trovare nemmeno un cenno a quanto accaduto nella galleria Diagramma. Sulle pagine milanesi del Corriere della Sera, Corriere dell’Informazione, così come su quelle de La Notte – altro quotidiano di grande diffusione – non compare alcun annuncio riguardante Azione Sentimentale di Gina Pane, a differenza di altre mostre e eventi della stessa galleria.
Estesi la ricerca ai mesi seguenti, finalmente trovando un articolo, firmato da Lucia Purisiol, sul numero del Corriere del 5 giugno 1974. Il titolo: Eccezionale seduta di «body art» / Mentre «recita» si taglia le mani con la lametta.
La notizia riguarda la presentazione al Centro Brera del libro di Lea Vergine Il corpo come linguaggio, appena pubblicato da Giampaolo Prearo. Per l’occasione ci sarebbe stata una azione di Urs Lüthi e un dibattito a cui avrebbero preso parte Paolo Fossati, Tommaso Trini, Giordio De Marchi, Eugenio Battisti, Pierre Restany Umbro Apollonio, Guido Montana e Gina Pane.
Nell’articolo si introduce il lavoro di Gina Pane come un genere nuovo di arte.
“Fa tre «azioni» all’anno. La preparazione fisica e psicologica dura dei mesi. Quando progetta una azione è in «trance». Scrive i testi, fa disegni, agisce in simbiosi con il suo fotografo personale che è il testimone della sua creazione e che fa da tramite al pubblico. Ogni gesto è unico, irripetibile, importantissimo. Ogni oggetto che usa fa parte del suo spazio corporale. Per questo anche la camicia macchiata del suo sangue per le ferite delle spine delle rose che si conficca nella pelle o delle lamette con le quali si ferisce il palmo della mano e l’arco sopracciliare fanno parte dell’opera e vengono date come documento assieme alle fotografie, alle diapositive, ai film, ai disegni, a chi colleziona questo particolarissimo tipo di arte. Un’azione completa di Gina Pane costa 3 milioni.”
Avrei portato questo articolo, unico risultato della mia piccola ricerca, alla serata di Parole Urbane.
2.
La galleria Diagramma si trovava in Via Pontaccio 12a, in un appartamento al terzo piano di un edificio moderno che prosegue l’adiacente Palazzo Crivelli, rimpiazzando quella parte dello storico Palazzo crollata nel bombardamento del 13 agosto 1943.
Questo evento tragico, all’origine della ricostruzione del palazzo, era accaduto trent’anni prima della realizzazione di Azione Sentimentale. Solo trent’anni prima. Un arco di tempo relativamente breve, nonostante il vortice dei cambiamenti in quei decenni cruciali per la modernizzazione italiana possa far apparire le due date come distanti un abisso. Ma in effetti i testimoni del ’43 potevano essere gli stessi testimoni del ’73. L’esistenza umana mediamente può comprendere, nel suo svolgimento, eventi di natura tanto differente, e ciascuno a suo modo destinato a lasciare delle tracce, che siano gli effetti di un crollo murario o invece quelli di un crollo culturale. I crolli sono sempre interessanti, oltre che sconvolgenti, poiché mettono a nudo le strutture. E un crollo culturale, semantico, psico-fisico, è quello provocato da Azione Sentimentale nell’aperura del corpo allo sguardo, per via di una ferita progettata e disegnata e significata – La blessure va jusqu’au bout de ses conséquences – e per via dell’ostinata ricaduta di una tale anatomia poetica sul suolo dell’estetica, terreno disfatto del nostro orientamento e disorientamento a prezzo (dei crolli) del senso: sensualità, sensazione, sensificazione.
Due pavimenti si sovrappongono: il pavimento del terzo piano di via Pontaccio 12a, costruito dopo la distruzione bellica; il pavimento del discorso – J’ai travaillé un langage – innestato al corpo, corpo analitico presentificato in linguaggio psichico e sociale.
Mon corps substance conductrice dans un mouvement «d’aller au retour» en revenant à son point de depart par une dé-construction de l’image première (puzzle mental): la rose rouge, fleur mystique, transmutée en vagin par une reconstitution dans son état le plus actuel: douloureux.
Troviamo qui indicati i pavimenti linguistici da decostruire e ricostruire: l’immagine primaria, la mistica, la vagina.
3.
Infine, il mio contributo a Parole Urbane, osservava la seguente partitura.
INTRODUZIONE. Evocazione del pavimento di via Pontaccio 12a. Desiderio ardente del pavimento durante lo svolgimento di Azione Sentimentale. Trasmutazione del pavimento in suolo trasparente, piano rialzato invisibile che lascia sospesi i corpi, come a Loreto gli angeli di Melozzo da Forlì. Vuoto della pittura. Vuoto del tempo naturale in cui l’azione accade generando il reale.
PRIMA PARTE. Indosso una maglietta con su scritto: 1. L’INTIMITÀ DELLE COSE NON È DEFINITA. Spiego di avere un peso nella testa. La mia testa è una bilancia a due piatti: piatto sinistro e piatto destro. Su ciascuno dei due piatti c’è un testo: testo sinistro (TESTO A) e testo destro (TESTO B). Il peso nella testa richiede una ginnastica oscillatoria della testa nella lettura dei due testi: la testa si inclina a sinistra e legge una frase dal testo di sinistra; la testa si inclina a destra e legge una frase dal testo di destra. Il ripetuto e cadenzato alternarsi delle due inclinazioni (del peso) della testa porta infine al completamento della lettura. La scrittura riguarda il desiderio di approssimarsi all’intimità delle cose.
SECONDA PARTE. Indosso una maglietta con su scritto: 2. PROSPETTIVA DEL CORPO DISCONTINUO. Leggo un terzo testo (TESTO C). La scrittura riguarda la catastrofe estetica e la dissoluzione sostantiva di sé.
TERZA PARTE. Indosso la maglietta con su stampato il ritaglio di quotidiano con la notizia MENTRE «RECITA» SI TAGLIA LE MANI CON LA LAMETTA. Racconto la storia della ricerca delle fonti giornalistiche, non trovate, relative all’accadimento di Azione Sentimentale.
Roma, ottobre 2024
Nota. Le parti in francese sono tratte da: Gina Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), Paris 2003
Pasquale Polidori
Estetica generale (crolli del pavimento di via Pontaccio 12a).
Tre testi.
(A)
sul pavimento insolubile
ci diamo appuntamento al centro
della stanza vuota sotto la spinta
degli occhi collettivi indirizzati alla espressione materiale
degli elementi prefigurati dal discorso
nella stessa direzione in cui vanno le cose ovverosia
il luogo pubblico della questione di vita o di morte
aderendo alla totalizzante accoglienza del concetto
senza rimanerne assorbiti senza rimanerne esauriti
essendo defunzionalizzata l’area della contemplazione
e unanimemente scartata l’ipotesi proiettiva
è chiaro a tutti che
l’intimità delle cose non sarà definita
pertanto l’adesione
alla non definita intimità delle cose
è un rischio quotidiano universale
la cui assunzione da parte dei soggetti
implicherà
la sospensione dolorosa del discorso
lo svolgimento volumetrico dei corpi
la gravità reciproca dei corpi
l’inspiegabilità dei corpi
la guerra figurativa dei corpi alle pareti
alle pareti sociologiche e alle pareti semiotiche
nell’accadimento del linguaggio posizionale
improducibilità operabilità illimitabilità
quando arriviamo al punto di un’espressione insopportabile
allora facciamo materia con quello che possiamo
osserviamo il crollo delle immagini dei corpi
ci ripariamo la testa al cedimento dei livelli di lettura
(B)
la servitù metafisica
si sconfigge con la dilatazione dei gesti
con il ricorso alla mimesi con l’esasperazione
con la forsificazione del quadro esistenziale
riaffiorante in un minimo intervallo di realtà
politicamente delimitato ritualizzato negli atti
percettivi mediante l’abbandono inesauribile
dell’essere la commozione del corpo che corrisponde
all’addio di ogni cosa che avviene
momento per momento
avendo già assimilato una teoria del visibile
in termini di perdita e metamorfosi della circostanza
e di rigetto dichiarato del finale
smarrimento negli angoli formali
dove scoppia il dissidio
l’azione vera e propria
sotto gli aspetti critici delegati al processo
di rimozione progressiva delle attese
rovesciamento e trascendenza del sensorio
per il diritto di approssimarsi all’intimità delle cose
lungo la linea di persistenza
e la scadenza dell’espressione intesa
come equilibrio ricercato e preordinato
tra forma promessa e forma abbandonata
abbandonata per impulso, abbandonata per scissione logica
di progetto e scommessa sulla pelle delle nominazioni
la reintroduzione della molteplicità dei segni
costa lo struggimento infinito degli oggetti disidentificati
ma non perdetevi d’animo
considerate la potenza delle contraddizioni
(C)
il consumo di sé stessi la perdita di presa o diluizione sostantiva di sé stessi nell’atto di entrare in rapporto con l’intimità delle cose la frase troppo lunga che comporta lo spezzettamento del respiro è conseguenza della progressiva interruzione del flusso intrasoggettivo che normalmente è responsabile della coesione tra azione e sensazione e la tenuta di sé essendo prevista una catastrofe estetica ad ogni chiusura di pensiero lungo il percorso di ricollocazione dello sguardo nel pieno del sensibile originario reso da molte parti inaccessibile per via dell’abisso che inaugura ogni minimo gesto progettato e che per sua natura non è comunicabile, non è riproducibile, né individualmente né collettivamente, la lunghissima strada che conduce alla questione di vita o di morte e cioè intimità dell’esistenza inconclusiva insoggettiva l’approccio alla strada il punto d’ingresso alla strada l’avvio del percorso progettato in dettaglio le innumerevoli direzioni segnalate le intersezioni delle direzioni i punti le fermate i luoghi di interesse i fulcri della questione la questione del percorso i punti fondamentali gli spazi dedicati all’analisi la viva dimostrazione di una idea le basi le aree di indagine i campi i perimetri i perimetri lungo i quali il segmento della tensione profonda abissale non oscura non chiara la forma l’ipotesi il tema poi la definizione demolita e finalmente il punto di fuga che quasi sempre è un impulso a de-essere per emissione per spargimento o per trascendimento per esempio il grido il pianto il sanguinamento la devocalizzazione l’esagerata riduzione dell’io a sostanza mimetica a superficie percuotibile e tutto per la rottura del passaggio identificativo ma non aspettatevi la fine delle metafore