Former Uncertain Indicated
La mostra di Stanislav Kolibal, a cura di Diet Bogner per il Padiglione della Repubblica Ceca e della Slovacchia, ha la ricchezza della profondità, la volontà di esprimere le fragilità delle strutture primarie oltre qualunque rappresentazione. Nato a Orlová (ex Cecoslovacchia) nel 1925, Stanislav Kolibal è tra i più importanti artisti del proprio paese per l’attenta esplorazione dei principi dell’avanguardia ceca e degli artisti che asserivano di doversi dedicare alla sostanza dell’opera d’arte, a ciò che ne costituisce la forza, il contenuto. Gli esordi di Stanislav Kolibal sono legati allo studio della figurazione ispirandosi all’arte egizia e corinzia nella ricerca di una forma comune. Gli artisti di quella generazione, anche se di differenti origini, approdano all’astrazione attraversando la pittura figurativa. Mondrian, nato alcuni decenni prima, e in Italia Angelo Savelli o Lucio Fontana o Alberto Burri sono accomunati da un esordio pittorico di confronto con la rappresentazione del mondo per entrare nell’essenza della propria poetica, da cui deriva la concezione altra del mondo. Le avanguardie dell’Europa centrale sono il riferimento per i movimenti di avanguardia ceca. Una cartolina, su cui è riprodotta una natura morta di Cézanne, è l’occasione, per Kolibal, per riflettere sulle relazioni proposte dall’artista francese tra i volumi degli oggetti e le linee delle diverse architetture. L’arte dell’avanguardia francese introduce i codici di ingresso ai problemi della ricerca personale, permette di spezzare la catena accademica delle convenzioni, capovolgendo i pregiudizi per sperimentare la conoscenza del mondo attraverso la non-rappresentazione. L’arte del paesaggio o della figura, nel cubismo ceco, è un pretesto per iniziare l’analisi sul movimento della materia nello spazio. (1)
Nell’intervista del 2013 Kolibal (2) sostiene di essere riuscito a penetrare le forme geometriche, essenziali, in cui riconosceva la modalità per esprimere i suoi sentimenti in modo progressivo e lento. Nella scultura aveva potuto scoprire la labilità della materia, nei tempi di non-libertà, mostrando che ciò che sembra esternamente solido può effettivamente andare in pezzi per effetto di una una bassa pressione.
Esemplificativa in tal senso è la scultura costituita da un filo di spago, per un tratto, tenuto in tensione da due bacchette di legno, e per una parte lasciato libero mentre segue il suo percorso incerto, fragile, poetico, secondo un equilibrio, Former Uncertain Indicate. Le due possibilità di essere della linea rappresentano la protezione o l’estensione del titolo dell’opera. Nella mostra veneziana è ricreata l’installazione del 1979 in cui la scritta Charactère of surface and Line si sviluppa tra due stringhe poste sopra la sua firma. L’indagine dei mondi vissuti attraverso la pittura è all’origine dell’espressività delle geometrie primarie, uniche, non riconducibili a definizioni di movimenti, come il minimalismo in cui Kolibal non si riconosce perché rinunciataria di qualsiasi contenuto. La sua arte al contrario ha origine nella tradizione europea. Per la 58. Biennale di Venezia Stanislav Kolibal realizza la scultura site-specific Disegno Spaziale di grandi dimensioni posta di fronte al padiglione cecoslovacco, progettato dall’architetto Otakar Novotny e inaugurato nel 1925, cui fa da contrappunto Disegno murale all’interno dell’edificio.
L’esposizione, concepita tra interno ed esterno, ha la continuità nelle figure geometriche e nelle linee che, nella poetica dell’artista, raccontano il loro essere tra la dimensione limitata della tela o della parete e l’immersione nello spazio. Il punto, visione minima della linea, è il contraltare del “passo”, considerato da Mario Merz, il contenitore impalpabile del movimento, estendibile lungo una linea immaginaria. Stanislav Kolibal e Mario Merz connotano un tempo dell’arte, rivolto a raggiungere la profondità in cui brilla il segno segreto del movimento minimo, mistero e faro del percorso. Il titolo della mostra Former Uncertain Indicate traccia e riassume la storia espositiva dell’artista e rammenta l’installazione che lo stesso realizza nella metà degli anni ’70 presso la Gallery Tokyo, in Giappone. La Gallery Tokyo diviene infatti il luogo di convergenze delle avanguardie emergenti come quella di artisti coreani che espongono Cinque differenti bianchi, rivendicando l’identità dell’arte coreana nel rapporto con la monocromia. Le geometrie essenziali sono all’origine del percorso di astrazione dell’artista ceco sin dai primi anni ’40.
L’incontro, nel ’64 con Calder, di cui ammira la forza vibrante nella semplicità dei volumi ispirati alla natura, è per l’artista ceco un evento importante. Kolibal ricorda di aver conosciuto il suo lavoro attraverso un catalogo del 1934. Lo studio delle geometrie nelle nature morte di Cézanne, la purezza dei volumi e il mondo di oggetti recuperati di Calder, i suoi mobiles sono i referenti della sua storia. In tal senso il silenzio suscitato dalle sue opere appartiene all’indicibile, alla parola del profondo che non ha traduzione nel linguaggio verbale. Dall’incertezza, dalla fragilità della sua linea Kolibal trae la forza per resistere e attraversare le difficoltà politiche del suo paese. La situazione politica degli anni ’50, con condanne a morte e processi farsa, sembrano alle spalle quando nel periodo della primavera del 1968 Dubček assume la direzione del partito a Bratislava, guidando con vasto consenso il movimento della stagione riformista. Le speranze di quei mesi sono represse militarmente dalle truppe dell’Unione Sovietica e degli altri paesi che aderivano al Patto di Varsavia, con un intervento armato di dimensioni colossali, superiore a quello impiegato da Hitler per invadere la Francia nel 1940 e per attaccare l’URSS nel 1941, considerando le dimensioni della Cecoslavacchia.
Nel 1969, lo studente di filosofia Jan Palak e quattro suoi amici immolarono la loro vita cospargendosi di benzina e dandosi fuoco come atto di protesta. Durante una pubblica riunione in Brasile dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, Gunter Grass nel discorso, pubblicato nel numero di ottobre dalla rivista Survey, mette in evidenza l’originalità dell’esperienza cecoslovacca e sottopone a dura critica i movimenti occidentali. Lo storico riferisce che le conferenze di scrittori come Vaculik, Klima, Havel, Kundera, Kohout, Liehm erano un atto di accusa e un programma allo stesso tempo. Nell’Europa occidentale la sinistra rivoluzionaria e gli studenti contestatori tentarono di capire gli sforzi coraggiosi dei cechi e degli studenti slovacchi e di fare propria la loro causa. Gli studenti di Berlino, Parigi, al contrario, non trassero esempio dagli scrittori cecoslovacchi e furono catturati dal carattere fotogenico del professionista argentino della rivoluzione Ché Guevara. Mentre i riformatori cecoslovacchi tentavano di compiere le riforme in condizioni insormontabili, l’estrema sinistra occidentale, nota come Nuova Sinistra, si “crogiolava nel suo romantico atteggiamento rivoluzionario. Gli uomini della sinistra, senza alcun programma e usando un gergo addirittura incomprensibile si diedero da fare per svilire la loro protesta e indurre gli estremisti di destra all’azione”. (3)
Nell’intervista del 2013 Kolibal (4) parla degli anni difficili, quelli della non-libertà, quando i confini si chiudevano e la solitudine interiore aveva reso più forte la determinazione di perseguire la creazione autentica. Gli era stata offerta la possibilità di emigrare ma questa lo avrebbe reso solo in una terra estranea. L’artista ricorda che Malevič nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò ai ritratti rinascimentali sottoscrivendo quasi una sorta di resa. “Forse questa parola è molto dura nei suoi confronti. La nostra generazione non poteva interrompere la propria storia.” La resistenza ha avuto un prezzo e prima conseguenza è stata la presenza occasionale in mostre internazionali a New York, a Parigi. Kolibal, convinto dei valori e della missione dell’arte, è stato distante dai facili successi. Nell’affanno della Biennale, il padiglione della Repubblica Ceca e della Slovacchia, è interessata alla differenza tra la narrazione storica e quella rappresentativa di opere impegnate a mostrare linguaggi innovativi e imponenti. Kolibal è il poeta della linea, della sua semantica, con un percorso di fatti minimi, di orazioni parallele, di contatti fugaci che fanno i conti con il bianco.
(1) Cfr. Milena Lamarovà, À la recherche d’un autre espace, in Cubisme Tcheque, Flamma-rion, Centre Pompidou, Pris 1992
(2) Peter Kováč, Stanislav Kolíbal: apprezzo i disegni come dipinti o sculture, in Novinky.cz, 13 marzo 2015
(3) Cfr. Gunter Grass, La lezione di Praga, in Francesco Leoncini, Dubček. Il socialismo della speranza , Gangemi Editore Roma, 2018, pag. 73
(4) Cfr. Peter Kováč, op. cit.