Roma – 19 Ottobre 2022 by Edvige Bilotti
Il presente contributo è stato edito il 19.10.2022 ma, a causa dell’interruzione del sito per motivi tecnici, ne riproponiamo la pubblicazione.
Nuove percezioni dell’animo e delle intuizioni interiori caratterizzano diversi percorsi artistici nei primi decenni del Novecento. La diversa organizzazione della società moderna ha un contrappunto inatteso nel mondo dell’arte con fenomeni, studi, approfondimenti che riscoprono interessi spirituali con prospettive altre nella ricerca artistica.
Da Wassily Kandinsky, Piet Mondrian, Kazimir Malevič, Marcel Duchamp e Constantin Brancusi, dalla teosofia all’alchimia, alle filosofie esoteriche, importanti anche per il surrealismo, alle visioni più individuali e segrete di Yves Klein, gli artisti hanno elaborato interessi e tracciato direzioni di ricerca e di espressività creativa.
Alcuni movimenti della prima e della seconda metà del Novecento destrutturano le consuetudini espressive dell’arte e le sue tradizioni figurative per fare emergere il senso dell’assoluto cromatico dello spazio e cercare la dimensione del suo essere nell’astrazione estrema.
Malevič definisce innovatori gli artisti impegnati nell’elaborazione creatrice di un mondo che si transfigura, riconoscendo il loro impegno nel cercare di raggiungere l’infinito dell’idea, il principio, nella cui essenza risiede l’immagine del mondo che ha il solo strumento dell’arte1. Il valore dell’astrazione monocroma di Malevič e Klein è il risultato di una ricerca che si differenzia dallo studio dei colori primari di Aleksandr Rodčenko, dall’arte concettuale del secondo Novecento e da artisti come Lucio Fontana, Alberto Burri, Enrico Castellani.
In occasione della mostra Stati del bianco, ad esempio, Castellani chiarisce che usa pitture di tutti i colori, sempre rigorosamente allo stato liquido, soggette ad evaporazione e conseguente consolidamento, qualche rara volta nebulizzate; mai sublimate2. Gli artisti, come racconta Fiorella Rizzo, scrivono infiniti teoremi nelle loro opere, teoremi che rimangono nascosti e invisibili, perché scritti nell’ideazione, nelle misure, nelle forme e nei colori. Anche nella non casualità del caso, alla base del caso vi è sempre un moto verso l’ignoto.
Una filologia spirituale, che rintraccia le sue origini nelle filosofie orientali, collega il suprematismo di Malevič alla monocromia di Klein. Entrambi gli artisti individuano uno spazio energetico da cui intraprendono un percorso che approda a una poetica cromatica.
La concezione dinamica di Klein spinge le superfici verso l’ultima frontiera tra opera e spazio avvolgente. Consapevole di compiere un dialogo di ricerca e sospensione con lo “spazio sensibile puro”, realizza passaggi fulminei di contemplazione. Il Teatro del Vuoto, il Blu, le Fontane e i Muri di fuoco, le Architetture dell’Aria, le Cosmogonie sono opere di breve temporalità per puntualizzare teorie, per vivere confronti e considerazioni. Sono lavoro dell’anima, l’extrême di una ricerca, di un’esperienza intensa.
Ricerca che è un “nuovo umanesimo”, come Klein lo definiva, con chiavi remote e profonde nelle religioni esoteriche, nei riti dei misteri alchemici, nella teosofia, e che s’abbevera, passo a passo, nell’epistemologia di Gaston Bachelard3. Un umanesimo universale nella tradizione cosmogonica dei Rosa-Croce4.
La ricerca monocroma di Klein e di altri artisti tra Europa, Stati Uniti e Giappone, si inserisce in un periodo ideologicamente ricco di contestazioni, di contraddizioni politiche, di rivendicazioni sociali, di passaggi istituzionali che coinvolgono musei, programmi e proposte espositive. È un mondo che non ha ancora rimarginato le ferite di guerra, il suo racconto, le conseguenze. Questo stesso mondo è posto improvvisamente al confronto con linguaggi di rottura dell’arte tra cui la monocromia. Le opere monocromatiche costituiscono uno spaccato di particolare riflessione, percezione, architettura del pensiero.
In tale ambito socio-culturale, la contestazione di Yves Klein esprime quella che è sempre stata l’aspirazione dell’umanità per incontrare il divino. La complessità della sua filosofia testimonia il procedimento di astrazione artistica che ha un suo contrappunto concreto nelle opere e nei manoscritti che l’artista dedica a S. Rita, ritrovati nel 1979 a Cascia. Le sue preghiere testimoniano le ansie di un percorso e una storia di spiritualità vissuta privatamente.
Nel 1961, dopo l’apertura della sua mostra retrospettiva al museo di Krefeld, l’artista, accompagnato da Rotraut Uecker, sua futura moglie, si reca al Monastero agostiniano di S. Rita a Cascia per donare l’Ex-voto dédié à Sainte Rita e il Triptyque de Krefeld e le affida alla custode della ruota. Per anni le opere sono rimaste nel deposito delle offerte. Nel 1979, durante i lavori di restauro della Basilica danneggiata dal terremoto, “casualmente” l’Ex-voto viene riportato alla luce5.
Alla richiesta di pigmenti e di foglie d’oro per il restauro degli affreschi di Montanarini, una monaca mostra un “contenitore” che l’architetto Rosario Scrimieri, direttore dei lavori, e l’artista Armando Marocco riconoscono come opera di Klein. Da questa scoperta si risalirà al Triptyque de Krefeld, facente parte del catalogo a edizione limitata sulla esposizione antologica al Museo Haus Lange di Krefeld nel 1961, Yves Klein: Monochrome und Feuer, dedicato a S. Rita, e al Monochrome bleu sans titre, portato da lui stesso al Monastero di Cascia nell’autunno del 1958 per ringraziare della committenza ricevuta dal nuovo teatro dell’Opera di Gelsenkirchen6.
Le opere Ex-voto per Santa Rita di Cascia, il Monochrome bleu sans titre e il Triptyque de Krefeld sono realizzate con i tre colori su cui l’artista ha fondato il proprio percorso poetico, definito dal direttore del museo di Krefeld Paul Wember, nel senso di trinità teologicamente speculativa7. Nella trilogia dei colori della fiamma, blu, rosa e oro, l’artista ritrova l’espressione alchemica della sintesi universale (Restany)8.
Come scrive Pierre Restany, il blu del Monochrome sans titre è l’immagine “captata del firmamento e dell’infinità dei mondi, il richiamo della dimensione immateriale dell’universo”9. D’abord il n’y a rien, ensuite il y a un rien profond, puis une profondeur bleu (Bachelard)10.
Visitando la Basilica di San Francesco ad Assisi, Klein è catturato dal blu dei cieli di Giotto considerato dall’artista il réel précurseur della monocromia da lui praticata (di cui nel 1960 deposita a Parigi il brevetto dal titolo IKB), caratterizzato dall’intensità del blu per meglio esprimere la concentrazione dell’emozione, per sentire l’anima senza spiegarla, senza vocabolario, e rappresentare questa sensazione11.
Il blu e l’oro sono tradizionalmente colori elevati alla sacralità. Il rosa, che Klein fissa nella tonalità del carminio, è un colore collegato all’iconografia della rosa, simbolo della coppa in cui il sangue raccolto di Cristo si trasfigura. Il mandala, il rosone gotico, la rosa dei venti tracciano la circolarità, quale figura geometrica del pensiero filosofico.
Colore e fiore nelle varie culture si mescolano per divenire elementi introduttivi al primo grado di iniziazione dei misteri. Sulla scia di Apuleio, l’incantesimo simboleggiato dalla rosa, sta nell’incapacità umana di percepire la realtà oltre il suo apparire.
La sua avventura cromatica è all’origine del complesso sistema filosofico che svela i suoi interessi esoterici, ermetici, teosofici, per gli elementi: fuoco, aria, acqua, terra. In tal senso la trilogia monocroma di Yves Klein può acquistare il senso di affinamento dell’animo per raggiungere un retroterra mistico dell’anima senza spiegazioni. Le sue monocromie celano percorsi che richiedono ulteriori letture e arricchimenti nella storia del colore e della figurazione che costituiscono il grande interrogativo che l’arte pone sin dagli inizi.
1 Kazimir Malevitch, La lumière et la couleur, L’Age d’Homme, Lausanne, Suisse, 1993, p. 39.
2 Vittoria Biasi, Stati del Bianco, Stampa Alternativa, Roma 1994.
3 Rimbaud, “Nôtre pâle raison cache l’infini!”, in Giuliano Martano (a cura di), Yves Klein: il Mistero Ostentato, Nadar 6, Torino, Martano Editore, pp. 39-50 (citazione a pp. 39-40).
4 Pierre Restany, Yves Klein e la Mistica di Santa Rita da Cascia, Milano, Editoriale Domus, 1981, p. 24.
5 L’Ex-voto, documentato anche nel catalogo Yves Klein Museo Guggenheim Bilbao 2005, è una scatola in plexiglass trasparente divisa in tre parti che contiene pigmenti blu, rosa e foglie d’oro e un testo olografo costituito da sette foglietti in cui l’artista chiede l’intercessione della Santa affinché lo renda strumento per creare Bellezza.
6 Le opere citate, dedicate tutte a Santa Rita da Cascia, sono state esposte per la prima volta a Roma, al Museo Carlo Bilotti, nella mostra Spazi dell’Anima: Yves Klein e la Devozione a Santa Rita da Cascia a cura di Edvige Bilotti. 2015
7 Cfr. il catalogo della esposizione antologica di Klein al Museo Haus Lange di Krefeld, Yves Klein: Monochrome und Feuer, 1961, a cura di Paul Wember.
8 Pierre Restany, Yves Klein e la Mistica di Santa Rita da Cascia, cit, p. 24.
9 Ibidem
10 Yves Klein, “Preparazione e presentazione dell’esposizione del 28 aprile 1958 da Iris Clert, 3, rue des Beaux-Arts, à Paris, Materia primaria in sensibilità pittorica stabilizzata” “La specializzazione della sensibilità allo stato Epoca Pneumatica”, in Giuliano Martano (a cura di), Yves Klein: il Mistero Ostentato, Nadar 6, Torino, Martano Editore, pp. 63-69 (citazione a pag. 69).
11 Yves Klein, “L’Avventura Monocroma”, in Giuliano Martano (a cura di), Yves Klein: il Mistero Ostentato, Nadar 6, cit, p. 99.