Folla di anime 2014
Vittoria Biasi Prima dell’oggetto, della materia, del colore vi è la sensazione, da cui credo possa cominciare il dialogo con il sé e con il suo oltre. In tal senso ritengo la ricerca una sorta di trans-scrizione di ciò che è imprevedibilmente presente. La riscrittura dello spazio realizzata nelle tue opere cosa rappresenta nel tuo percorso? E’ certamente una domanda ‘relativa’: il tempo a venire, forse con i successivi sviluppo linguistici, ci consentirà di formulare diversamente le riflessioni. Il lavoro scorre come l’acqua di un fiume, si trasforma. Io vorrei un fermo immagine sul tuo percorso, sui sentimenti, sulle percezioni che lo hanno nutrito.
Valdi Spagnulo Lo stato recente della mia ricerca artistica è intorno al tema dell’alleggerimento visivo della scultura e sulla sua possibilità di interagire con lo spazio attraverso il disegno, anche nella sua possibilità di divenire tridimensionale. Io affondo a piene mani le mie radici nel solco tracciato dalla scultura così detta di sola linea, nella quale v’è una forte matrice lirica e poetica e soprattutto ha come, voglio abbia la mia opera, una vocazione antimonumentale.
Il mio modo di fare scultura sin dagli esordi, ove l’appoggio era la parete e l’aggetto dell’opera era minimo, cerca un rapporto architettonico, mostra l’intenzione di delineare un limite, tracciare confini strutturali di uno spazio virtualmente e in alcuni casi realmente abitabile. Insomma creare con l’opera un’architettura basata sui valori strutturali dell’assenza: una scultura per sottrazione.
Al tempo stesso, ho lavorato sulla combinazione dei materiali e sugli effetti cromatici della scultura, mi sono interrogato sulla dimensione ambientale della stessa e sul tema della disseminazione di elementi plastici che nelle loro relazioni reciproche si espandono in un racconto della scultura e una dimensione aperta e dinamica.
Tutto ciò ha origine nello sguardo – lo sguardo: ponte tra l’interno e l’esterno, segno e segnale che fa emergere libera la volontà della visione. Lo sguardo, costruzione dello spazio proprio dell’opera e quello dell’altrui percezione….. il pensiero.
L’ascolto – come in un coro musicale di controcanti, nel sovrapporsi delle varie voci attraverso il modus incidentale dà origine al contrappunto nei suoi vari aspetti materico / dirompente /asimmetrico / irregolare / opaco / cromatico / specchiante… il fruitore dai vari punti d’osservazione sarà più coinvolto da un’anima poetica fatta di linee melodiche che si dipanano e proiettano nello spazio.
Quello stesso spazio ove, l’elemento sottratto è altresì presente quanto quello visibile… Proprio come in natura umana, animale, vegetale… La stessa natura dalla quale ho sin dalle origini del mio operare, tratto spunto non nel concetto classico di Mimési ma, nel suo disappunto, nella sua diversità formale, cromatica, ove spesso le asimmetrie sanno porsi come elementi vincenti rispetto alla più normale e mera regolarità.
Vittoria Biasi Vorrei proseguire con il tuo pensiero sullo sguardo e porti un’altra domanda. Per formularla voglio riportare il passaggio di un tuo scritto del 2014 in cui dici: “Leggendo con occhio e mente, lo sguardo si posa su concavo-convesso, retta-torta, insieme di forme asimmetriche e cromaticamente dall’apparenza algida, si fanno portatrici di “tempi” e “luoghi” immaginari.
Luoghi che, la concretezza della ragione, quella dello sguardo esterno, tende a censurarci ma, che in realtà in noi custodiamo, proprio in una “visione interiore” dove, il ricordo di ciò che siamo stati spesso s’infrange nel presente e reagendo si riapre al futuro.
Ecco che l’arte fatta di “presenze” assolute, al contempo, con le sue opere mostra “anime” fragili e labili.
Ci rivela l’equazione di sguardi sospesi tra l’apparenza e la sostanza del fare… quella di un fare attraverso le attese di un pensiero che riveli le possibilità di guardare oltre il tangibile con lo sguardo sospeso al tempo.”
Vittoria Biasi
Quali maestri della storia dell’arte hai guardato? Come arrivi alla monocromia bianca?
Valdi Spagnulo
…Bella domanda!…Come faccio a risponderti con tutto l’amore e l’odio (sentimenti solo apparentemente contrastanti) che, continuamente provo per l’arte… in genere?! Innanzitutto voglio affermare che ha me interessano le più svariate forme di comunicazione e quindi d’arte. Non amo la definizione di arti maggiori e minori… i miei primi maestri di riferimento e non solo dal punto di vista tecnico, sono stati alcuni artigiani che hanno saputo insegnarmi aspetti dell’operare… con tutti i loro segreti. Inoltre mi ha sempre attratto in arte la contaminazione e credo che questo, sin dall’esordio del mio fare sia visibile. Comunque per rispondere in parte alla tua domanda, mi hanno attratto nell’ambito delle arti visive quegli artisti il cui lavoro è stato sempre in bilico tra il quadro/oltre il quadro, tra lo scolpire/oltre lo scolpire insomma quegli artisti che si sono posti il problema del superare i confini. Per fare solo alcuni nomi certamente, facendo torto ad altri, la mia attenzione è stata per il lavoro di Burri, Tapies, Fontana, Castellani, Manzoni, Klein, Lo Savio, Dadamaino, Leoncillo, Melotti, Colla, Carrino, Uncini, Staccioli, Pascali, Varisco, Campus… oppure altri che sono andati con la loro ricerca oltre il visibile… Cage, Stratos, Colombo, Studio Azzurro… Solo per stare nell’area del contemporaneo senza intaccare le esperienze delle Avanguardie… Insomma un bel pot-pourri nel quale c’è sicuramente stato l’amore prima per uno e poi per l’altro tra i vari profumi.
Per quanto concerne la monocromia e il bianco, hanno avuto influenza sul mio lavoro le esperienze di quegli artisti che di sono occupati del monochrome. Il vero passo verso la scultura bianca o per meglio dire dipinta di bianco è arrivato attorno al 2006/2007, quando ho sentito l’esigenza di rendere sempre più rarefatta la forza della materia. In quel periodo però dipingevo direttamente il ferro o le materie che usavo con smalti a pennello e diverse gradazioni di bianco…(concetto di pittura sulla scultura). Questa operazione con l’andar del tempo si è sempre più essenzializzata con l’uso di un colore bianco monocromo a spruzzo che, desse forza e assenza alla struttura che andava a ricoprire, quasi come una sorta di mimetizzazione . La struttura essenziale, asimmetrica, dirompente, si pone nello spazio con la sua lieve cromia appena tattile all’occhio per, poi irrompere in esso con la reiterazione della sua forma definita dalla luce, variabile… l’ombra… l’inserto colorato o trasparente del plexiglass che guizza allo sguardo guidandolo verso spazi intimi, lontani… tra poesia e realtà soggettiva. Ecco il bianco e l’aspetto monocromo della materia delle mie sculture credo abbiano dato vita più energica al concetto di sottrazione… di assenza come presenza che già in tempi non sospetti, alcuni critici d’arte come G.Dorfles, L.Caramel. E.Crispolti avevano intravisto come possibilità nel mio lavoro nel passaggio dalla pittura alla scultura, con intrecci di grande contaminazione.
Vittoria Biasi
Con quale opera partecipi alla biennale di Alessandria Omnia. Caos Colore 2018? A tuo avviso quali finalità ha raggiunto per il lavoro degli artisti oltre le normali considerazioni che si fanno per ogni manifestazione internazionale?
Valdi Spagnulo
A questa Biennale su invito del curatore Matteo Galbiati io partecipo con l’opera Sguardi d’attesa del 2014. In quest’occasione ho esposto un solo elemento…l’opera può altresì comporsi in installazione con un massimo di quattro. In realtà il curatore mi ha invitato non in qualità di singolo artista ma come un unicum con un gruppo di artisti da lui denominato Nuovi lirici per i quali all’interno di questa manifestazione ha allestito un’intera sala. Galbiati segue il nostro gruppo dal 2008 come critico militante dopo il precedente intervento del Prof. A.Veca (prematuramente scomparso) che aveva già in origine, su mia indicazione, posto l’accento su una pluralità critica di linguaggi tra la sua presenza e quella di un più giovane studioso identificato appunto in Matteo.
Trovo che in questa edizione della Biennale di Alessandria Omnia Caos colore 2018, Matteo abbia posto l’accento su una variegata presenza del panorama italiano e internazionale di varie generazioni che, operano nell’area del poetico e del lirico. Interessante anche il coinvolgimento di alcune gallerie d’arte contemporanea che, hanno collaborato con il curatore per la presenza di alcuni artisti oltre i quali, si può esser posto da parte loro, l’interesse per la produzione di altri che, probabilmente non avrebbero avuto occasione di visibilità. Naturalmente ciò non è assolutamente implicito in questo progetto ma, conoscendo da tempo la poetica lavorativa di Matteo Galbiati, son certo che come in altri suoi progetti espositivi, uno dei fini cultural/divulgativi potrebbe essere questo. Per quanto riguarda gli artisti trovo che, i più giovani abbiano avuto occasione di confrontarsi con linguaggi a loro paralleli e confacenti attuati da generazioni precedenti, potendo assimilarne le dovute differenze e perché no, le dovute evoluzioni laddove presenti. Insomma utile il confronto… sempre… almeno io trovo sia così!… Sia necessario per chi opera in un settore come il nostro, ove è utile l’isolamento nello studio per fare ma, altrettanto utile e ineliminabile la conoscenza dell’universo che ci gira attorno poiché c’è sempre da cogliere, da imparare… guardare per rielaborare… lo sguardo.